26 gennaio, 2006

 

La Palestina ai fanatici di Hamas. Anche Hitler andò al potere col voto

La storia non può insegnare nulla di nuovo a noi liberali, gli unici ad aver sempre sostenuto nell’incomprensione generale che democrazia e liberalismo non sono sinonimi, ma sistemi politici ben diversi, talvolta perfino contrastanti, e che la prima senza il secondo è solo un vuoto esercizio del voto che può legittimare il peggior populismo: la terribile dittatura della maggioranza.
La vittoria in Palestina (bisogna, poi, vedere quanto regolare) degli estremisti islamici, i fanatici di Hamas (76 seggi), contro la più laica ma corrotta Al Fathà, il partito che fu di Arafat (43), dimostra che in un Paese tribale e arretrato nessuna pantomima democratica, nessuna elezione formale, ha senso e valore. Per un liberale non vale nulla la democrazia, il "governo del popolo", se manca già prima del voto attorno ai seggi e nel Paese la maturità e consapevolezza necessaria, come un minimo d’informazione e cultura per poter scegliere con cognizione di causa. E una democrazia, oggi, "deve" essere liberale, basata su un’atmosfera feconda di libertà diffusa, rispetto dei diritti di tutti, e spirito di tolleranza, che la Storia e il progresso della civiltà hanno dimostrato essere insostituibili.
Ma queste condizioni già sono critiche nei Paesi occidentali, proprio a causa della società di massa che non permette al cittadino medio di valutare seriamente le scelte politiche. Figuriamoci nei Paesi culturalmente, politicamente e socialmente arretrati come quelli Arabi. Ecco perché non basta esportare la democrazia elettorale in un popolo che per millenni ha conosciuto solo dispotismo, violenza e discriminazione. Semmai, bisogna esportare – e la cosa potrebbe richiedere anni, se non decenni di maturazione – i principi e lo spirito liberale.
Quella di oggi, perciò, è una giornata nera per i Palestinesi, che pur di avere un cambiamento e punire le ruberie e la corruzione della classe politica lasciata da Arafat. si sono consegnati nelle mani dei fondamentalisti panislamici fautori del terrorismo e della lotta dura a Israele. Ma, per i medesimi motivi, è un giorno drammatico soprattutto per Israele, che vede proprio nel giorno della Memoria dell’Olocausto e col governo indebolito dalla fine politica di Sharon il proprio avvenire nuovamente messo in discussione.
Certo, Storia e Politica insegnano che quando i movimenti estremistici vanno al potere mutano più o meno velocemente verso posizioni più moderate. Ed è anche vero che potrebbe subito riformarsi per scissione una frangia intransigente ed estremista. Ma la Palestina è debolissima e non può isolarsi troppo. Per la propria economia dipende dai finanziamenti dell’Europa e dei paesi arabi, che non hanno certo interesse a finanziare il terrorismo e a boicottare il processo di pace nel vicino Oriente.
Solo una cosa ci piacerebbe sapere, e magari ce lo dirà in qualche corrispondenza da Israele la brava Deborah Fait: che cosa pensano della vittoria di Hamas i coloni ebrei che Sharon ha fatto sloggiare dalla striscia di Gaza, e la destra religiosa israeliana che contesta il piano di pace del governo. Che vedano in Hamas un paradossale alleato? Brutta cosa la politica.

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