Ci voleva uno tsunami, ma purtroppo il modesto Tirreno non lo consente. E, dannazione, per quanto attesa da tempo, tarda anche l'eruzione del Vesuvio (ma a Napoli, dove trasformano il piombo in oro, se la stanno giocando al lotto). Per fortuna è venuta in nostro soccorso l’ennesima classifica economica che punisce l'Italia. "Era ora", si è tirato un respiro di sollievo nel vero Parlamento del Paese, i 132mila bar riuniti in tele-conferenza a reti maldicenti unificate. Del resto, lo dice sempre il Giuanìn del bar di via Porta Vigentina, a Milano, non poteva durare così a lungo nel "meno peggio": meglio un peggio certo e rassicurante che un meno peggio ansiogeno e incerto.
Ora, per fortuna, c’è non solo l’arretramento economico, ma anche la perdita di 14 punti (dall’indice 2,50 a 2,28) nella scala mondiale del mercato libero. Negli ultimi anni (l’analisi si arresta al 2003, se abbiamo capito bene), analizzati i più diversi parametri economici, Heritage Foundation e Wall Street Journal hanno concluso che l’Italia si è declassata ancor più nella scala delle libertà economiche. Finalmente. Gli Italiani se l'aspettavano, e hanno accolto la notizia con un senso di liberazione, anzi un godimento morboso da "caduta nel Maelström" degna del racconto di Edgar Poe. Cioè, il Peggio del peggio, che dico, il Meglio del meglio. Illudendosi, poveri scemi, di avere almeno il record del Peggio assoluto. Come quei pirla di provincia, dall’America all’estremo Oriente, che da buoni a nulla si allenano per tutta la vita a mangiare il sandwich più grosso per entrare nel Guinness dei primati. Ma intanto dovrebbero cercare di rientrare almeno nei Primati, intesi come ordine zoologico. Così gli Italiani: potrebbero tentare almeno il record della sfiga auto-procurata.
Del resto, il masochismo e l’autoflagellazione, si sa, in Italia trovano sempre nuovi e ghiotti pretesti. Un’occasione d’oro, ammettiamolo, questo declassamento economico. Grazie Heritage Foundation, grazie Istituto Bruno Leoni: non siete solo maestri di economia, ma anche di psicologia, varietà italica. Un "declassamento" ricorda inesorabilmente la classe, la scuola dell’obbligo. Per di più è stabilito da stranieri, ritenuti, chissà perché, maestri severi, crudeli e infallibili. Vuoi mettere se l’avesse detto la Bocconi? Gli avrebbero riso dietro. Al bar del Giuanin neanche avrebbero sollevato gli occhi dalla tazzina. L’ideale per noi che segretamente, eroticamente, amiamo essere bacchettati, e in sovrappiù da personale militare o carcerario straniero ("Helga la crudele kapò delle SS"). Infatti, pensateci, noi Italiani abbiamo spesso fatto ricorso all’estero per le nostre beghe, pur di sputtanare l’Italia. Da Carlo V a Le Monde, siamo di casa nei tribunali e nei giornali di Parigi, Bruxelles, Londra, Madrid, l’Aia e New York. Dove c’è sempre qualche italiano – lo chiamiamo ancora così? – che denuncia all’estero i torti subìti in patria, come se qui fosse vietato praticare il vero, unico, sport nazionale: la protesta.
Mancanza di dignità? Ahi, è una parola tabù, non pronunciatela mai: vi mettereste contro 58 milioni di persone. Prima di dirla, ricordatevi sempre dei personaggi popolari e beneamati dal pubblico, interpretati al cinema da Alberto Sordi, e anche di come (e a che prezzo) piangono in piazza le donne del Sud, di come e a che prezzo si lamentano in malafede e per secondi fini davanti alle telecamere del Tg sindaci del Sud, e purtroppo ora - dopo Val di Susa - anche del Centro e del Nord.
E ci riveliamo esterofili e amici del giaguaro perfino dopo una disastrosa, sporca e costosa vacanza estiva o un rapimento nello Yemen. "Che bella la Grecia", "Che gentili quei rapitori, che bello quel rapimento" dicono in piena sindrome di Stoccolma le madame Bovary di Vicenza o Treviso (il Veneto è in prima fila in queste idiozie, sarà per la carenza atavica di vit.PP causata dal granturco della polenta…). Turisti per caso. Un rapimento, ormai, non si nega più a nessun cliente di Tour Operator, tantomeno ad una sventata insegnante di Padova. Ma se qualcosa va storto, "dagli all’Italia". Prima solo al Sud, ora anche al Nord, siamo un "popolo" (si fa per dire, lo mette in dubbio perfino il nostro Inno nazionale) che per la più futile disavventura si "vergogna di essere italiano", salvo poi comportarsi male e in modo corrotto in ogni campo. Sicuramente peggio dei suoi governanti. Ma, si sa, da noi la colpa, come lo sporco, è sempre degli altri.
Pieni di difetti, immoralisti di professione e da secoli, protestiamo, litighiamo, urliamo, facciamo casino, rubiamo, intrallazziamo, inquiniamo, truffiamo, piangiamo. E soprattutto, mafiosamente, "portiamo gli amici". Ma poi, la catarsi: vogliamo essere puniti. Le sculacciate sul sederino. Così passa tutto. Eh, apposta c’è il pentimento cattolico. La perfetta religione italiana. Che non vuole neanche praticanti. Che con la scusa del perdono, mette immoralmente sullo stesso piano la persona onesta e il mascalzone. Davvero, il cattolicesimo, se non ci fosse già, dovrebbero inventarlo gli Italiani.
Nazione femminile e infantile quante poche al mondo, abbiamo bisogno di disprezzarci. Di qui il classico tormentone da treno, il cui acme teatrale è sempre lo stesso: "Mi vergogno di essere italiano" (più di destra che di sinistra). Non ci credete? Lo dicono anche molti conservatori arrabbiati, lo scriveva - da par suo - perfino Montanelli. Di qui, anche, lo sparlare dell’Italia all’estero (più di sinistra che di destra, questo). Ma fa tutto parte di un'unica facies psicologica, direbbero i fantasiosi psicanalisti. Potremmo definirla la "sindrome della puttana moralista": lo fa, lo fa con tutti, e lo fa pure a pagamento. E mentre lo fa, gode addirittura. Ma dopo averlo fatto, si giudica male, si disprezza, cerca auto-umiliazioni, e desidera ardentemente d’essere punita.Il problema, l’abbiamo detto tante volte, non è l’Italia, come dicono al Sud da quando non ci sono più i Borboni (prima con chi se la prendevano?), ma gli Italiani. E sono proprio quelli che si lamentano.
Ma da chi abbiamo preso? ripeteva mia nonna. Dai Romani, no di certo. Chissà, forse è la componente greco-araba del nostro patrimonio genetico, quella lamentosa, polemica e inconcludente, che prevale su quella etrusco-romana? Probabile. Certo, il compiacimento per le sventure, vere o presunte, di quei fini analisti tuttologi che sono i "viaggiatori di treno" e i "frequentatori di sale d’attesa" è perlomeno sospetto. La crisi economica all’italiana? Che goduriosa caduta collettiva nel gorgo del Maelström. Sarà, ma più che l’estetica romantica di Poe, ci fa venire in mente Totò sulle montagne russe. Al lunapark di Milano. Crisi? Quale crisi? Questa è la manna, paisa'.
# Nico Valerio 14:17