19 maggio, 2011

 

Rivalse clericali. Un inquietante beato Wojtyla presidia Roma pagana e liberale. Ma è un cesso.

Woytila3 Roma. La “vergine di Norimberga” era un armadio antropomorfo di ferro e legno dalle fattezze di robusta virago, irto al suo interno di punte acuminate (v. immagine). L’Inquisizione, o altro ente torturatore di Santa Madre Chiesa, vi rinchiudeva fino alla morte, con i più atroci dolori, l’accusato di eresia e blasfemia contro Dio e i Santi che fosse così testardo o pazzo da rifiutare di confessare la propria colpa e di redimersi. Perciò, con la proverbiale cinica arguzia che li distingueva, avevano buon gioco logico i dotti Padri Gesuiti nel sostenere che, essendo ben nota agli eretici la crudeltà di quella tortura, alla fine non più l’eresia veniva punita col crudele abbraccio della “Vergine” ma, appunto, la loro folle ostinazione.

La forma, si sa, è sempre significante. Eppure è curioso che lo scultore che ha eretto un tristo monumento al beato papa Wojtyla donato dalla Fondazione Angelucci (v. immagini) negli squallidi giardini della mal frequentata piazza romana dei Cinquecento – appena inaugurato tra lo sconcerto generale – non si sia posto il problema della gaffe stilistica costituita dalla “citazione” o comunque dall’impressionante somiglianza con l’inquietante strumento di tortura dell’Inquisizione o con una garitta di guardia militare, entrambi simboli eloquenti e imbarazzanti di violenza, oppressione e pensiero unico. E visto com’è mal frequentata di notte la piazza. temiamo che la garitta papale possa essere scambiata dai soliti ubriachi per un orinatoio, e dalle coppiette per un discreto e accogliente riparo per le loro effusioni. Speriamo, almeno, che l’inutile Servizio Giardini faccia una volta tanto qualcosa di utile, nascondendo il più possibile l’orribile sagoma con una fitta cortina di arbusti.

Vero è che Giovanni Paolo II, altro che papa “buono” (v. articolo), represse col pugno di ferro la dissidenza e la teologia più “liberale” (dom Franzoni, rettore di San Paolo, per esempio, fu ridotto allo stato laicale); ma paragonarlo sia pure in modo subliminale allo spietato frate domenicano Tomàs de Torquemada, ci sembra o gustosamente eccessivo o eccessivamente gustoso.

Vergine di NorimbergaStatua di beato Wojtyla trattata coloreMa tant’è, si rassegna Andrea Costa (v. articolo qui di seguito), dopo il grossolano caso di servilismo culturale dell’intitolazione della stazione Termini a Giovanni Paolo II da parte del sindaco post-comunista Walter Veltroni, la zona appariva ormai segnata da una sorta di rivalsa clericale. L’intera area urbana dell’Esedra e di piazza Termini (così si chiamava fino al 1887, prima dei “Cinquecento” di Dogali) era un quartiere tipico della Nuova Roma liberale e laica. La lunga nuova via Nazionale, luminosa e disegnata in modo razionale, in barba ai contorti e bui vicoli medievali e papalini, sfociava nella piazza, poco distante dalla fontana che faceva da punto finale (“mostra”), dell’Acqua Pia Antica Marcia, che poi fu spostata al centro dell’Esedra con l’aggiunta delle carnose e callipigie Naiadi nude scolpite dal Rutelli, che sembravano quasi offrirsi ai passanti maschi, accusati perciò non solo dai preti, ma anche dalle mogli (ci furono proteste), di essere più che liberali dei libertini.

Ed ora, invece, che ti combina il nuovo clericalismo strisciante? Come un cagnolino di città alza la zampa e schizza un ben mirato getto a marcare olfattivamente il “proprio” territorio contro potenziali concorrenti, ecco che i politicanti fascio-clericali, oltretutto personalmente atei, svendono alla Curia Romana, uno ad uno, tutti i luoghi della memoria laica e liberale. E così, traguardando lungo la via Luigi Einaudi, Padre della Repubblica, verso Termini dall’Esedra dove si affacciano le antiche Terme romane simbolo dell’edonismo corporale e la basilica di S.Maria degli Angeli, “Chiesa di Stato” per le cerimonie ufficiali, e quindi sgarbo triplo, ecco interporsi come simulacro estraneo al genius loci pagano e laicista, l’importuno oltreché orripilante catafalco clerico-mussoliniano (v. immagine).

Il pubblico, come riportano i giornali, ha già bocciato l’opera, forse ancor più jettatoria, a parere di turisti napoletani, maestri in questo genere di perizie, della cimiteriale colonnina con mesto busto bronzeo del napoletanissimo Antonio De Curtis, in arte “Totò”, nascosta – non si capirà mai perché – come un guardamacchine abusivo tra gli alberelli smilzi della brutta piazza Cola di Rienzo.

Ma, si sa, la mancanza di cultura e di buon gusto tra i politicanti fa di questi scherzi. Figuriamoci, poi, quando ci si mette di mezzo, come nel caso della statua a Wojtyla, qualche prelato (ma l’avete vista l’architettura ecclesiastica di oggi, dalle chiese alle case generalizie?).

Nel frattempo, consoliamoci. Come per le aggressive e missionarie croci imposte con autoritarismo psicologico e sovrano disprezzo della Natura sulle vette delle montagne italiane, anche sul catafalco del beato di turno cadranno pietosi l’oblio degli uomini e la sana opera devastatrice del Tempo, che di tutto il brutto, per fortuna, fa giustizia. E ciò che non osano gli Umani lo fanno gli animali: già qualche cane è stato visto fare i suoi bisogni nell’accogliente cripta, apparentemente (secondo logica canina) all’uopo dedicata.
NICO VALERIO

 

Roma. Vista da vicino, da dietro e dai tre quarti, anche l'effige del volto è inquietante, quasi identica a certe stilizzazioni della testa del cavalier Benito Mussolini. Di là dalle evidenti ironie cui l'imponente statua di quasi cinque metri si presta e, possiamo giurarci, si presterà sin da domani, il danno è stato comunque perpetrato. La statua è un "dono" della solita "fondazione" a forte composizione clerico-conservatrice, di quelle, tanto per intenderci, che si candidano  con sempre maggiore solerzia  a buttar fuori lo Stato italiano dalla proprietà e/o gestione dei Musei nazionali,  comunali, delle ville storiche e delle aree archeologiche di Roma e non solo.

La vendetta postuma contro il Risorgimento e i suoi simboli, che sono poi la nostra identità laica ed unitaria. Non possono mancare nella guerra dei simboli, che uno Stato italiano imbelle ha da tempo rinunciato a combattere, le piazze, le strade, i grandi capisaldi urbanistici e monumentali come le Stazioni.

Sappiamo dell'affaire veltroniano JPII, lo ricordiamo perfettamente; sembrò giunta la parola fine con il "compromesso" della targa. Poi le "cadute" di Ruini e Veltroni. Ma non è bastato, perché, Oltretevere, c'è uno Stato straniero insaziabile che sa modulare, aumentare e diminuire a suo piacimento l'intensità della sua incessante guerra di reconquista di Roma e d'Italia, all'insegna del "due passi avanti e uno indietro". Uno Stato sovrano, che ha il tempo della sua parte e le sue "quinte colonne" ben affondate nel territorio sempre meno compatto dell'identità italiana e romana in particolare.

La statua di Wojtyla (che a tutto assomiglia fuorché ad un Papa) è stata volutamente e scientemente sistemata nell'aiola di Piazza dei Cinquecento, perfettamente centrale ed in asse prospettico con via Luigi Einaudi (laico Presidente della Repubblica italiana), tanto da essere perfettamente visibile dall'Esedra di sinistra rispetto alla prima via dell'unità d'Italia (via Nazionale). Appare esattamente  in contrappunto simbolico e visuale anche con la profanissima fontana delle Najadi di Mario Rutelli (1888), che sostituì la fontana dell' Acqua Pia Antica Marcia inaugurata da Pio IX proprio nel 1870.

Tutto il quartiere è carico di simboli molto importanti per il Regno d'Italia e la successiva Repubblica italiana: vie, piazze, musei, come quelli archeologici delle Terme e di Palazzo Massimo. Senza dimenticare la Basilica di S. Maria degli Angeli e dei Martiri, “Chiesa di Stato” italiana, che dieci anni fa, è stata protagonista di un contenzioso legale, su istigazione del clero locale, per l'affidamento delle competenze su restauri e delle opere d'arte alla gerarchie ecclesiastiche e non più alle Soprintendenze di Stato. Fortunatamente gli andò male anche se l'iperattivismo e la "kulturkampf" di questa danarosa Parrocchia sono ben evidenti in molte ed insolite opere di mecenatismo artistico (molte opere di dubbio gusto) e a riletture iperrevisionistiche della figura di Galileo Galilei.

Il curioso "missile" con la testa di Mussolini (così appare da lontano) è la prima cosa traguardata da qualsiasi persona che voglia lanciare da Piazza della Repubblica (ahi! altra piazza laica) lo sguardo verso la Stazione Termini, così da sembrarne effettivamente il tutore, il punto di fuga delle linee di prospettiva, il catalizzatore simbolico.

Proposta: E se provassimo ad installare una statua di Sandro Pertini, diciamo, alta sei metri, in largo Giovanni XXIII? La mia è una provocazione, perché l'effetto sarebbe proprio quello di "impallare" Via della Conciliazione. Molto più probabile, invece, che in vista dei prossimi lavori di riqualificazione di piazza dei Cinquecento e in occasione della rapida prossima santificazione di Karol Wojtyla, qualcuno possa cambiare nome alla Piazza, Piazza S.Giovanni Paolo II o SJPII, se volete.
ANDREA COSTA


Comments:
Oh, sono contento di non essere l'unico ad aver notato la somiglianza con il noto strumento di tortura.
Non avevo calcolato però il valore simbolico della posizione (se non per il fatto che effettivamente "impalla" la visione da qualsiasi punto ci si trovi). Anche l'idea che l'intera riqualificazione della piazza sia fatta in vista di una possibile dedica a quello che sarà presto santo, apre prospettive inquietanti.

[Solo una precisizione storica: la Mostra dell'Acqua Pia non si trovava dove adesso è la Fontana delle Naiadi, ma dove ora è l'obelisco per i caduti di Dogali, un centinaio di metri più verso la stazione. Quindi non si può dire che via Nazionale "sfociasse" nella piazza con la fontana prima del 1887.
La Mostra venne chiusa nel 1888 e ne venne aperta un'altra nella posizione attuale, ma senza Naiadi: si trattava solo della vasca su cui attualmente poggiano le statue (alla quale poi vennero aggiunti temporaneamente dei leoni), nient'affatto progettata da Rutelli. Le sue Naiadi arrivarono soltanto nel 1901 a sostituire i felini. La statua centrale è ancora successiva.]
 
Grazie molte. Sapevo tutto, anche perché ricerco le foto dell'epoca tramite Roma Sparita, e come creatore del blog "Mondo del Belli" (lo conosci?) sono molto interessato alla Roma dell'800. Ma ho dovuto sintetizzare, semplificare e abbreviare. Mi premeva spiegare ai non-romani la simbologia sottostante. Metro più, metro meno. Ora vedo di precisare meglio, se questo non significa aumento di righe...
 
Lo immaginavo, che fosse un'imprecisione dovuta a eccesso di riassunto: ma figuriamoci se questa piccola cosa può intaccare la lucida analisi che emerge dal post.
Anche io passo molto tempo a guardare le foto di Roma Sparita, è per questo che ho storto il naso di fronte agli "spostamenti" di fontane.
Sto guardando ora "Il mondo di Belli": è ricco di documenti molto interessanti! Complimenti!
 
Ecco fatto: la frase ora è più precisa, anche se più complicata.
 
Appena l'ho vista - mi sono accreditata per l'inaugurazione - ho pensato che lo scultore abbia voluto fare dell'ironia. Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno sarà un utile riparo per un paio di barboni che visya l'incuria della città sono destinati a crescere all'infinito. Comunque è del tutto fuori contesto l'abbraccio di una figura religiosa in una stazione destinata ad accogliere chiunque. Sorprende come la Santa Sede che pure a parole sostiene di aver amato questo papa non si sia rivolto ad un artista qualificato (Mitorai, Weiwei...). Saluti, Tiziana
http://www.nessundio.net/tiziana2011.htm
 
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