01 aprile, 2011

 

Superstizione e crudeltà. 10 mila orsi torturati in Cina per estrarne l’inutile bile

CREDENZE POPOLARI. La stupidità dell’Uomo (o meglio, di alcuni uomini) è assai peggio della semplice cattiveria verso gli altri, perché danneggia non solo animali e Natura, ma la stessa vita umana. E’ "antieconomica", per usare il loro stesso linguaggio. E dov’è allora il vantaggio? L’irrazionalità e l’ottusità, l’incultura e la superstizione, sono perciò il Male assoluto per il genere umano, perché consapevolmente o no creano dolore e violenza indotta, abituano alla tolleranza verso le crudeltà, generano insensibilità morale, diseducano le nuove generazioni, disturbano un equilibrio ecologico ed etico durato milioni di anni. Anche riguardo alle cosiddette "medicine popolari" e tradizionali, infatti, non sarebbe mai venuto in mente agli Antichi, abusivamente tirati in ballo dai moderni finti "tradizionalisti", uccidere animali per futili motivi, visto che già la loro uccisione a scopo alimentare era spesso impresa rischiosa e faticosa, tutto sommato rara, quando non vietata (si pensi all’esilio comminato a chi uccideva un bue sano e in età da lavoro – secondo fonti antiche – dalle Leggi delle XII Tavole), per motivi di economia agricola e sociale. Così, in Cina e in altre zone dell’estremo Oriente solo degli stupidi possono credere, che la bile dell’orso, tanto meno una volta essiccata e trasformata, in un altro organismo (l'uomo), e nelle quantità normalmente utilizzabili, abbia poteri medicamentosi particolari, non sostituibili con grandi vantaggi da farmaci provati in studi scientifici. 10 mila innocui piccoli orsi lunati (hanno sul petto una macchia bianca a forma di falce di luna) sono torturati per tutta la vita in vere e proprie fattorie-lager, vivendo tutta la vita (20-30 anni) con un tubo conficcato nella cistifellea dalla quale viene estratta la bile.
Pubblichiamo sull’argomento un'impressionante lettera di Carmen Aiello (Animal Asia Foundation, Italia), che si batte da anni contro lo scandalo irrazionale delle assurde "fattorie della bile", e un circostanziato articolo dell'animalista Giovanna Di Stefano (Oipa). Un breve video offre la drammatica sintesi visiva del problema, mentre un secondo video racconta la visita ad una delle fattorie-lager da parte della fondatrice dell'AAF. Una delle tante situazioni di ingiustizia, si dirà, ma che proprio per l’area circoscritta e la sua assoluta inutilità scientifica (gli esperti, perfino in Cina, si sono più volte pronunciati contro questa pratica barbara) è capace di scandalizzare, di rivoltare le coscienze, di incitare anche l’uomo più pacifico del mondo a ribellarsi contro uno strumento così ignobile della superstizione. NICO VALERIO

LE FATTORIE DELLA BILE. "Avete mai sentito parlare di luoghi chiamati “fattorie della bile” situati in Cina, Corea e Vietnam e dell’atroce destino degli Orsi della Luna? Questi meravigliosi animali, dopo essere stati catturati con trappole che spesso causano terribili mutilazioni, sono imprigionati e torturati per una pratica di tale crudeltà da tollerare pochi confronti. Prigionieri in gabbie piccolissime, non più grandi del loro corpo, gabbie che impediscono qualsiasi movimento, che deformano le ossa ed atrofizzano gli arti, circa 10.000 orsi vengono “munti” due volte al giorno per la dolorosissima estrazione della loro bile attraverso rudimentali cateteri di metallo conficcati nella loro cistifellea. Anticamente l’orso veniva ucciso e la sua bile usata nella medicina tradizionale cinese. Negli anni ’70 l’orso, considerato specie protetta perché in via di estinzione, viene imprigionato a vita ottenendo una produzione di bile infinitamente superiore. Oggi la sua bile può essere completamente sostituita da alternative erboristiche e di sintesi più economiche ed efficaci. Il mercato ne dispone in eccesso e, per esaurire le scorte, i produttori la utilizzano anche nella preparazione di bibite e shampoo! Queste creature subiscono sofferenze inenarrabili, le loro membra si atrofizzano un po’ alla volta per l’immobilità assoluta e con un'agonia che può durare anche vent’anni, subiscono tali torture ogni giorno, dopo anno fino a morire per tumori o infezioni croniche prodotte dai cateteri conficcati nella carne. Altri non ce la fanno: le infezioni, la sofferenza psichica, le malformazioni ossee date dalla pressione delle sbarre, le piaghe da decubito, la denutrizione li uccidono più rapidamente. Ma la maggioranza di questi animali, molto resistenti, sopravvive per decenni a questa inaudita tortura. Molti orsi vorrebbero porre fine alle atroci sofferenze suicidandosi, ma ciò gli viene impedito, segandogli i denti, strappandogli gli artigli, lasciando loro solo la possibilità d’impazzire a vita. Il salvataggio degli orsi inizia nel 1993 quando una coraggiosa donna inglese di nome Jill Robinson si recò a visitare uno di quei luoghi. Nel 1998 nasce AAF (Animal Asia Foundation) per porre fine a questa pratica crudele e nel 1999 viene aperto il Centro di recupero per gli orsi salvati, dove lo staff di AAF ridà la gioia di vivere a questi animali martoriati. Oggi gli orsi liberati sono più di 350. La conoscenza delle torture a cui sono sottoposti gli Orsi della Luna commuove, suscita sdegno e smuove le coscienze. Con la sua associazione Jill sta tutt’oggi trattando con il governo cinese per ottenere il risultato massimo: la chiusura definitiva di ogni singola fattoria della bile. Jill e AAF possono combattere la loro battaglia unicamente grazie alle donazioni che provengono da tutte le parti del mondo”. CARMEN AIELLO

LE COLPE DI CINA, COREA, VIETNAM E GIAPPONE. "In Cina, Corea e Vietnam esistono dei luoghi di tortura chiamati ‘fattorie della bile’ in cui circa 10.000 orsi sono in questo momento imprigionati a vita per l’estrazione della loro cistifellea, sostanza utilizzata per la preparazione di medicinali e profumi secondo la tradizione asiatica. In queste fattorie il possente corpo di questi animali è costretto tra le sbarre di una gabbia grande come loro stessi, nella quale sono condannati a rimanere per tutta la loro tragica esistenza, nella medesima posizione, ogni giorno, ogni minuto, senza poter mai uscire né muoversi, fino alla morte. Gli orsi cosiddetti ‘della luna’ (moon bears) sono animali splendidi, maestosi e, come tutti gli orsi, estremamente giocosi e dinamici. Vivono nelle grandi foreste del continente asiatico, dal Pakistan fino al Giappone. La caratteristica che li rende inconfondibili è una grande ‘V’, una sorta di mezza luna, che spicca sul manto scuro ornandogli il petto come un collare. Le loro orecchie rotonde li fanno assomigliare vagamente ai panda, i loro cugini più fortunati. Questi ultimi, noti per il loro manto bicolore, sono un simbolo della Cina: di loro parlano molti documentari che li mostrano mentre ‘sgranocchiano’ felicemente il loro bambù. Agli orsi della luna invece non viene dato mai spazio da parte dei mezzi di comunicazione internazionali, sebbene la realtà delle fattorie della bile sia nota ormai da anni e sebbene si facciano sempre più insistenti e disperati gli appelli di Animals Asia Foundation – la fondazione nata nel 1998 per liberarli dalla prigionia - affinché le fattorie della bile vengano seriamente portate all’attenzione del grande pubblico e degli organi istituzionali internazionali per essere definitivamente chiuse. Il prima possibile. Cosa sono esattamente queste fattorie della bile? Sono delle camere di tortura. Non basta parlare di ‘lager’ o di prigione, si tratta di una realtà ben peggiore, che va al di là di ogni umana immaginazione… Infatti chi ha inventato questi luoghi di tortura, umano certo non è. Questa è l’unica certezza che si delinea dopo i primi terribili istanti nella mente di chi si accinge a guardare con i propri occhi un filmato che ritrae ciò che quotidianamente accade in questi capannoni; questo è l’unico concetto che a stento si riesce a formulare di fronte ad una visione che ha dell’incredibile e manda in tilt il nostro cervello, probabilmente perché davamo per scontato che certe cose forse esistevano nel medioevo, ma mai più potevano trovare spazio nel XXI secolo. Invece le fattorie della bile sono state inventate proprio nel XX secolo, negli anni ’80, prima non esistevano. Ideate e realizzate dai commercianti cinesi, solo ed esclusivamente per lucro. La bile d’orso per millenni è stata ritenuta una sostanza terapeutica con proprietà antinfiammatorie ed utilizzata quindi ampiamente dalla medicina tradizionale, non solo in Cina, ma anche in Giappone, Corea, Vietnam e in generale in tutti i paesi del mondo con un numero significativo di popolazioni asiatiche. Questi orsi sono stati da sempre cacciati e uccisi per estrarne il prezioso liquido che poi serviva per la preparazione di medicinali, saponi e profumi. Al giorno d’oggi tuttavia tutti i medici (anche cinesi) sono concordi nell’affermare che i prodotti a base di bile d’orso possono essere facilmente sostituiti da alternative erboristiche o di sintesi, meno costose, più facilmente disponibili ed altrettanto efficaci. La storia del calvario di questi sfortunati animali inizia per l’esattezza alla fine degli anni ’70, quando l’introduzione del divieto di caccia degli orsi della luna, divenuti specie protetta, ne ha decretato la condanna, non alla morte, come fino a quel momento si era verificato, ma ad una ‘vita’ di sofferenze indicibili. Questi animali vennero infatti catturati – illegalmente – dai loro primi aguzzini i quali non potendoli uccidere pensarono di rinchiuderli in gabbie talmente piccole da non permettergli di fare il minimo movimento, per estrarne così comodamente la bile, tutti i giorni... Un sistema molto redditizio. Per loro sfortuna gli orsi della luna vivono moltissimo e la condizione terribile in cui sono detenuti li rende pazzi. Le gabbie che li seviziano sono così strette da essere praticamente delle bare con la differenza che gli animali al loro interno sono vivi e tentano di suicidarsi per il dolore e la disperazione. Le loro ossa si deformano e molti, rinchiusi quando ancora cuccioli, rimangono nani perché non hanno lo spazio fisico per crescere. A questo già allucinante quadro si aggiunge la pratica dell’estrazione della bile, che viene fatta ben due volte al giorno e che è estremamente dolorosa perché naturalmente praticata senza alcun tipo di anestesia. Agli orsi viene conficcato nell’addome un catetere - che vi rimane permanentemente per tutti i 15 - 20 anni della loro prigionia – che provoca una ferita profonda e sempre aperta. Gli orsi non sopportano questa condizione, impazziscono letteralmente di dolore durante l’estrazione della bile e sbattono ripetutamente la testa contro le sbarre della gabbia con una violenza inaudita nel vano tentativo di suicidarsi; addentano le sbarre fino a farsi saltare i denti. I loro musi sono sfigurati dalle ferite che si infliggono, che purtroppo per loro però non sono letali e non li portano alla morte. Ogni giorno questi animali sperano di morire ma nessuno li aiuta, nessuno sente le loro grida. Se però chi scrive conosce questa realtà, come molti altri, è perché qualcuno c’è stato che, nel lontano 1993, una volta scoperto ciò che succedeva ha deciso di non voltarsi dall’altra parte ma di mantenere fede ad una promessa, fatta proprio ad uno di loro. Il suo nome è Jill Robinson, una coraggiosa donna inglese che recatasi in Cina a visitare uno di questi luoghi allora ancora sconosciuti, mentre il proprietario mostrava orgoglioso ai visitatori la preziosa sostanza terapeutica, si allontanò dal gruppo per scendere nel seminterrato, dove immaginava si potessero trovare gli orsi. Una volta abituata alla oscurità lo spettacolo che apparve ai suoi occhi fu agghiacciante: una ventina di orsi imprigionati in strettissime gabbie simili a bare. "Avevano il corpo pieno di piaghe e un catetere infilzato nell'addome: alcuni, resi pazzi dal dolore, sbattevano il cranio contro le gabbie fino a procurarsi orribili ferite; altri si erano spaccati i denti mordendo il ferro. Dalle sbarre vidi spuntare una zampa gigantesca e, inconsapevole dei rischi che correvo, volli toccarla. Allungai la mano, l'orso me la strinse dolcemente. Allora gli promisi che sarei tornata e che l'avrei salvato." Da quel giorno, Jill Robinson ha dedicato tutta la sua esistenza al salvataggio degli orsi delle fattorie. Nel 1998 fondò l’associazione Animals Asia Foundation ed ebbe inizio la sua sfida: un lungo e febbrile lavoro di trattative con il governo cinese per documentare la terribile realtà e per far approvare il progetto per il salvataggio e il riscatto di questi orsi attraverso la chiusura definitiva di tutte le fattorie della bile e la riabilitazione degli animali così tremendamente martoriati. La prima vittoria arriva nel luglio del 2000, dopo sette anni di faticosi negoziati: AAF perviene ad uno storico accordo che prevede di liberare 500 orsi della provincia di Sichuan e di non concedere ulteriori licenze per l’apertura di nuove fattorie. Dall’ottobre del 2000 sino ad oggi sono 247 gli orsi che sono stati affidati alle cure di AAF, tutti ospitati e riabilitati nel centro di recupero di Chengdou, in Cina, e in quello, di recente inaugurazione, in Vietnam. Questi due centri di recupero sono dotati di aree per la riabilitazione, di bellissime foreste di bambù che riproducono l’habitat naturale, di spazi attrezzati con amache, tronchi per arrampicarsi, percorsi con frutta e miele, tunnel, piscine e tutto ciò che fa sì che gli orsi siano stimolati, progrediscano e soprattutto dimentichino gli orrori subiti. Il centro di Chengdou è aperto al pubblico ed ai visitatori, tra cui molte scolaresche, a cui vengono trasmessi messaggi educativi sul diritto di tutti gli animali ad una vita naturale, libera e priva di crudeltà Nulla giustifica ciò che l’uomo sta commettendo nei confronti di questi animali, le torture indicibili alle quali li sottopone, in nome di tradizioni, credenze, ma soprattutto pura avidità. Il lavoro da fare è ancora moltissimo e la strada da percorrere lunga e in salita: l’obiettivo di AAF è salvare tutti i 10.000 orsi ancora imprigionati, fino a che l’ultimo di loro non verrà liberato dalle sbarre e dalla sua atroce agonia. Finché esisteranno fattorie della bile esisterà quindi anche Animals Asia Foundation. GIOVANNA DI STEFANO

Comments:
Grazie davvero per questo articolo.
 
Vorrei citare qui anche le bravissime Graziana Coletta ed Elisa Averna, esponenti romane di Animal Asia, l'organizzazione specializzata che segue da anni l'intera vicenda. Grazie a loro sono venuto a conoscenza della vicenda.
 
Il caso cinese è un misto di stupidità popolare e tecnologia moderna. E' lo stesso popolo accusato dagli indiani di mangiare "qualsiasi cosa che striscia, nuota, cammina e vola".
 
Cina, Corea e Vietnam: il peggio del peggio. E dire che c'è ancora chi ripete che gli orientali sono saggi...:-(
 
il wwf e associazioni animaliste mondiali devono assolutamente intervenire
 
Cinesi e vietnamiti all'inferno
 
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