06 gennaio, 2010

 

Islam, mai integrato negli Stati liberali. Perché in Italia dovrebbe essere diverso?

Intervistato questa mattina a Radio Tre dal giornalista Gianantonio Stella, il politologo fiorentino Giovanni Sartori ha spiegato il suo pensiero sull'accoglienza e la concessione della cittadinanza agli immigrati. Ne abbiamo colto solo alcuni passaggi, ma ci sembra che Sartori distingua pragmaticamente tra immigrati che accettano il sistema costituzionale, giuridico e civile liberal-democratico, fondato tra l'altro sulla separazione netta tra Stato e Chiesa, e immigrati che, come molti islamici, non lo accettano. Si distingue, così, sia dagli xenofobi ultrà della Destra (che ipocritamente, per avere i voti degli elettori più conservatori, dicono di non volere l'ingresso, e tantomeno il riconoscimento degli immigrati, ma poi segretamente lo richiedono come imprenditori in cerca di manodopera a basso costo), sia dai conformisti "politicamente corretti" della Sinistra che si limitano a ripetere le risapute enunciazioni di principio, come eguaglianza e libertà, senza tener conto delle future conseguenze sociologiche e psicologiche, e neanche dei dati culturali, antropologici e religiosi finora noti.
Tutte le etnie hanno pari dignità, ovviamente. E tutti gli immigrati, purché rispettino e facciano proprie le regole costituzionali, giuridiche e di civile convivenza delle liberal-democrazie, hanno diritto nel tempo debito ad essere riconosciuti come cittadini italiani, francesi, inglesi o tedeschi. Così ritiene questo blog.
Però non siamo ciechi, e osserviamo da decenni la realtà antropologica e la cronaca. E' un dato di fatto incontrovertibile che in nessuna democrazia liberale, ad eccezione forse degli Stati Uniti, gli immigrati islamici si sono realmente inseriti culturalmente e socialmente, accettando per esempio la totale separazione pubblica tra Stato e Chiesa (celebre il discorso di investitura di J.F.Kennedy, che prometteva di non essere un presidente cattolico, ma il presidente di tutti), riservando all'intimitù della propria coscienza o della propria casa le regole religiose dell'Islam, senza volerle imporre a tutti come si fa nei Paesi islamici, nessuno dei quali infatti è una democrazia, tantomeno liberale. Fuori degli Stati Uniti, invece, quasi mai questo inserimento si è verificato. Perché mai dovrebbe accadere in Italia, quello che non è accaduto nei Paesi liberali con più lunga esperienza di immigrazione?
Ci deve essere qualcosa, quindi, sia nelle modalità di emigrazione e nel tipo di società degli Stati Uniti, sia nella religione islamica, che potrebbe spiegare il fenomeno. Limitandosi al secondo fattore, certo l'Islam non è solo una religione, e comunque trascende il mero elemento spirituale. Fatto sta che ha determinato nei secoli, e soprattutto negli ultimi anni, una tendenza aggressiva, di "conquista", quando non addirittura violenta contro le altre religioni e contro le istituzioni civili. Fortunatamente in pochissimi casi questa violenza è stata di grado elevato, ma questo non attenua il pericolo, perché basta anche un solo episodio per avere una strage.
Sulla spinosa questione della concessione della cittadinanza agli islamici, Sartori aveva scritto un editoriale sul Corriere della Sera il 20 dicembre scorso:
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"In tempi brevi la Camera dovrà pronunciarsi sulla cittadinanza e quindi, anche, sull' "italianizzazione" di chi, bene o male, si è accasato in casa nostra", iniziava lo scritto di Sartori. "Il problema viene combattuto, di regola, a colpi di ingiurie, in chiave di "razzismo". Io dirò, più pacatamente, che chi non gradisce lo straniero che sente estraneo è uno "xenofobo", mentre chi lo gradisce è uno "xenofilo". E che non c' è intrinsecamente niente di male in nessuna delle due reazioni. Chi più avversa l' immigrazione è da sempre la Lega; ma a suo tempo, nel 2002, anche Fini firmò, con Bossi, una legge molto restrittiva. Ora, invece, Fini si è trasformato in un acceso sostenitore dell' italianizzazione rapida. Chissà perché. Fini è un tattico e il suo dire è "asciutto": troppo asciutto per chi vorrebbe capire. Ma a parte questa giravolta, il fronte è da tempo lo stesso. Berlusconi appoggia Bossi (per esserne appoggiato in contraccambio nelle cose che lo interessano). Invece il fronte "accogliente" è costituito dalla Chiesa e dalla sinistra. La Chiesa deve essere, si sa, misericordiosa, mentre la xenofilia della sinistra è soltanto un "politicamente corretto" che finora è restato male approfondito e spiegato. Due premesse. Primo, che la questione non è tra bianchi, neri e gialli, non è sul colore della pelle, ma invece sulla "integrabilità" dell' islamico. Secondo, che a fini pratici (il da fare ora e qui) non serve leggere il Corano ma imparare dall' esperienza. La domanda è allora se la storia ci racconti di casi, dal 630 d.C. in poi, di integrazione degli islamici, o comunque di una loro riuscita incorporazione etico-politica (nei valori del sistema politico), in società non islamiche. La risposta è sconfortante: no. Il caso esemplare è l' India, dove le armate di Allah si affacciarono agli inizi del 1500, insediarono l' impero dei Moghul, e per due secoli dominarono l' intero Paese. Si avverta: gli indiani "indigeni" sono buddisti e quindi paciosi, pacifici; e la maggioranza è indù, e cioè politeista capace di accogliere nel suo pantheon di divinità persino un Maometto. Eppure quando gli inglesi abbandonarono l' India dovettero inventare il Pakistan, per evitare che cinque secoli di coesistenza in cagnesco finissero in un mare di sangue. Conosco, s' intende, anche altri casi e varianti: dalla Indonesia alla Turchia. Tutti casi che rivelano un ritorno a una maggiore islamizzazione, e non (come si sperava almeno per la Turchia) l' avvento di una popolazione musulmana che accetta lo Stato laico. Veniamo all' Europa. Inghilterra e Francia si sono impegnate a fondo nel problema, eppure si ritrovano con una terza generazione di giovani islamici più infervorati e incattiviti che mai. Il fatto sorprende perché cinesi, giapponesi, indiani, si accasano senza problemi nell' Occidente pur mantenendo le loro rispettive identità culturali e religiose. Ma - ecco la differenza - l' Islam non è una religione domestica; è invece un invasivo monoteismo teocratico che dopo un lungo ristagno si è risvegliato e si sta vieppiù infiammando. Illudersi di integrarlo "italianizzandolo" - concludeva Sartori - è un rischio da giganteschi sprovveduti, un rischio da non rischiare".

Comments:
il mio commento - breve - è quello che ho scritto qualche giorno fa su www.nogod.it 3/1/10 – Barricate

Cosa impedisce di prendere atto che in maniera irreversibile si è finalmente e pubblicamente dissolto il mito del bravo italiano? Perché è così difficile ammettere e riconoscere che è questo che è accaduto? Credo che ci sia una ragione e questa consista nel fatto che ammetterlo implichi di assumerci le responsabilità di ciò che facciamo (David Bidussa)

Riuscirà il cambio del calendario a portarci un periodo meno maleducato, ignorante, insolente, cafone, villano, zotico come quello appena trascorso?
Leggiamo sulla Padania, quotidiano del partito del ministro dell’Interno: “ci vuole un’altra Lepanto. La Chiesa nel 1571 seppe coalizzare la cristianità, mentre oggi certa Chiesa pare arrendevole, schiacciata com’è su posizioni solidaristiche che sono perdenti di fronte all’altrui aggressività”. Di fronte a tanta becera ignoranza è difficile rispondere anche se verrebbe da chiedersi a quale Chiesa si riferiscano i padani. A quella di Benedetto XVI che accoglie sotto il suo mantello dorato i lefevriani? O quella che disprezzando sentimenti e storia prova a santificare Pio XII? Ma forse i razzileghisti parlano di Dionigi Tettamanzi che ha insozzato le sue babbucce di velluto per visitare i carcerati, oppure di Crescenzio Sepe che ha proposto la riffa per i bimbi napoletani poveri, o addirittura del santopadre che si è recato a mangiare le polpette dei poveri alla superassistita mensa di sant’Egidio. Se i redattori della Padania fossero stati un po’ più acuti avrebbero potuto suggerire dove andare a combattere la nuova Lepanto. Scartata la Grecia che pare sia Europa, Leptis Magna? Oppure no che lì il capo è diventato amico degli italiani perché si riprende quelli che respingiamo.
Arrogantemente Vittorio Feltri su Il Giornale si è sbrigato a fare un pastiche tra Oriana Fallaci- terrorista nigeriano-immigrati clandestini per attaccare il presidente della Camera. “Fermiamo gli immigrati islamici. Mica vorremo assegnare la cittadinanza a gente tra la quale è probabile siano reclutati assassini potenziali destinati a distruggerci?” Piacerebbe chiedere a Feltri: perché, se hanno la cittadinanza non possono fare lo stesso i terroristi? E ancora, che legame può esserci tra un terrorista figlio di un ricco banchiere con bell’appartamento a Kensigton e i migranti che vengono a cercarsi condizioni di vita migliore e che spesso lasciano i loro paesi proprio per fuggire da sistemi teocratici?
Mettere in campo idee così pericolose – e consentitemelo così idiote – per una questione di cucina interna è veramente vomitevole. Questa politica dell’odio, schiumante veleno, che disprezza le rare eccellenze culturali del nostro paese per pura invidia e che utilizza la religione cattolica e i cattolici come una clava, che vive di paura e la trasmette, farà molti danni, specie nell’assenza totale di una credibile controparte. Spiace che nelle fiacche file della sinistra non si levino voci stentoree per chiedere politiche di integrazione che bonifichino quelle zone scure di sospetto che popolazioni diverse portano con sé. E avvilisce parecchio l’indifferenza con cui i politicastri guardano all’Iran, dove oggi ad essere messo alle corde è proprio quell’islam moderato col quale dovremmo aspirare a convivere. E se l’Europa, e magari anche l’Italia, facesse qualcosa per aiutare quell’onda giovane verde-islam a dare un calcio al regime degli ayatollah, sarebbe un modo serio per dare uno stop al terrorismo, altro che i vaneggiamenti xenofobi dei mitomani italiani.
Quanto alla politica interna, temo che ancora per un po’ dovremo subire i titoli di Feltri per blindare una leadership tenace ma morente. Ma il tempo sarà gentile, e prima o poi vedremo una destra simile a quella degli altri paesi europei. Cosa farà la stracca sinistra quando questi nuovi protagonisti avanzeranno?

Tiziana Ficacci, www.nogod.it - Qui i vostri COMMENTI

Guarda qui il libro intervista a Marco Pannella http
 
magari non sarà diverso, ma è possibile tenere fuori dalla porta i musulmani?
Credo di no, ma così come noi non amiamo essere chiamati col nome della nostra religione, forse dovremmo chiamare gli immigrati per nome.
 
Sono sostanzialmente d'accordo su quanto detto da Nico Valerio che ha riportato l'articolo di Sartori. Un solo appunto....gli islamici misero piede in India, come invasori, assai prima del 1500. Le prime invasioni furono fatte tra il 700 e l'800 d. C. da emiri arabi pieni di zelo religioso, nel periodo un cui l'Islam era in piena crescita ed espansione. I rapidi attacchi al di là del fiume Indo (ora in Pakistan) furono fieramente osteggiati da i Raja locali, altro che indiani paciosi e pacifici.....i primi invasori islamici furono fatti a fettine! Gli indiani si sono sempre coraggiosamente difesi, finché hanno potuto. Poi però le tattiche di guerra dei piccoli eserciti arabi che si muovevano sui loro rapidi cavalli ebbero la meglio sui larghi e lenti eserciti indiani di arcieri ed elefanti. Vero è invece che gli imperatori Moghul, di ascendenze turco-afgane, ormai islamizzati da secoli, furono i primi a dominare politicamente gran parte dell'India dal XVI sec. in poi.
 
La frase dell'invasione islamica dell'India, sia chiaro, non sta nella mia premessa, ma nel brano di Sartori. Che non essendo io esperto di storia orientale, non ho potuto contestare.
 
Piccola domanda a Nico Vslerio. Qual è la proposta? Quella che dice Tiziana che chi viene vuole il cambiamento e se noi siamo laici e democratici ci imitano e lo diventano? Oppure che bisogna sbarrare i confini magari mettendo nel filo spinato i crocefissi? Comunque sono d'accordo con lei sull'inazione sull'Iran
Avi Levy
 
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