07 settembre, 2007

 

Provocazioni utili. “Il liberismo è di Sinistra” per Giavazzi e Alesina. O no?

L'estate politica è finita, e ad una ad una si chiudono le ultime languide "Feste della Politica", invenzione tutta italiana che discende dai riti del Santo patrono. Sempre di privilegiati si tratta. Ma che ci sarà da festeggiare? Il modo con cui la "casta" di provincia dilapida i nostri soldi? Tra pessimo lambrusco e mortadella al Nord, birra e porchetta al Centro, mozzarelle di bufala, fichi e pasta di mandorle al Sud (per queste cosette, è inutile, i borbonici la vincono sui nordisti), il bla-bla da sotto gli ombrelloni sul mare si è trasferito armi e bagagli sotto i gazebo
di Telese Terme, improbabile località di villeggiatura, col solito demi monde di molto poco onorevoli, portaborse e cronisti ospitati a spese del cittadino italiano nei costosi albeghi di Stato locali, come uno sgangherato carro di Tespi che recita sempre lo stesso soggetto a canovaccio.
Smessi i feuilleton e le parole crociate, si è risvegliato anche il Corriere, con una bella e utile provocazione. Un articolo di Dario Di Vico che lancia con risalto in prima pagina l'ultimo libro di due collaboratori del giornale (è conflitto d'interessi, ma non lo dice nessuno), Giavazzi e Alesina. Macché "di Destra", il liberalismo economico - in Italia chiamato "liberismo" - è "di Sinistra".
Noi, veramente, sapevamo fin da adolescenti che il mercato libero e le liberalizzazioni sono liberali, solo liberali. E neanche fin dagli inizi e per tutti gli autori del nostro Sancta Sanctorum. Se è vero che negli ultimi decenni le libertà economiche, anzi l'effetto copia del benessere, hanno preceduto e veicolato le libertà politiche (Urss, Germania orientale, Polonia, Ungheria, Albania, Cina), non era così in origine e per alcuni intellettuali e teorici del Liberalismo. E non solo il solito Croce. Per i quali è di volta in volta il Diritto, la legge, il Logos, la Ragione, il contenuto vero del Liberalismo, come ricorda il liberale Panebianco, sempre sul Corriere. Comunque, fosse pure acquisizione successiva, che sia liberale, liberalissimo patrimonio, non c'è dubbio. Ma la contrapposizione extra-ideologica Destra-Sinistra? Non vale nulla teoricamente, ma è forse qui il pepe della provocazione. Vale la pena di riportare l'articolo di Di Vico, in attesa di leggere il libro.
Non dubitate, ci torneremo sopra più volte. Anzi, il dibattito è già aperto. Domani sarà pubblicata una breve intervista a Marco Pannella ("Io l'ho sempre detto"), seguirà Panebianco, poi ci sarà un nostro commento. Intanto, affilate le armi. (Nico Valerio)
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Il libro-provocazione di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi che animerà la nuova stagione politica
Perché il liberismo è di sinistra
Un' Italia più efficiente va a favore degli outsider
di Dario di Vico
Corriere della Sera, 6 settembre, 2007
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"Da qualche mese in alcuni supermercati e autogrill italiani giovani farmacisti vendono medicinali a un prezzo inferiore del 20-30 per cento rispetto alle vecchie farmacie di città. Chi è più di sinistra? Chi liberalizza commercio e professioni o chi permette che le farmacie si tramandino di padre in figlio consentendo loro di far pagare a prezzi esorbitanti anche medicinali comunissimi come l' aspirina?". Comincia con un esempio assai concreto quello che si candida ad essere il libro-provocazione della rentrée politica: Il liberismo è di sinistra.
Lo hanno scritto due economisti, Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, che vivono un po' al di qua e un po' al di là dell' Atlantico e sono abituati ormai ad alternare gli studi e le ricerche alla battaglia delle idee. Stavolta però hanno deciso di farla grossa: sfidare l' opinione corrente che accoppia indissolubilmente le parole "liberismo" e "destra", mentre - a parer loro - concorrenza, riforme e merito dovrebbero essere le nuove bandiere della sinistra, perché chi ha a cuore i valori storici dell' equità e delle pari opportunità è bene che, oggi e in Italia, faccia affidamento innanzitutto sul mercato.
Con queste premesse il libro ha tutti i requisiti per far discutere ed è intanto una prova della vitalità della scuola milanese di economisti. Il ragionamento dei due professori - tutt' altro che catalogabile nello schema dell' antipolitica - può essere riassunto in tre punti-chiave: a) il proliferare delle caste e delle lobby dimostra che la politica ha fallito in uno dei compiti primari che si era data, garantire l' allocazione "democratica" delle risorse; b) la sinistra più della destra ha ancora una chance, fare quelle riforme liberiste che "renderebbero l' Italia più efficiente ma anche più equa"; c) se il Belpaese diventasse più efficiente, ad avvantaggiarsene non sarebbero i soliti happy few o gli immancabili poteri forti, ma gli outsider. Nel libro c' è un passaggio rivelatore di come la pensino i due a proposito di leadership della sinistra. Ricordano come Walter Veltroni al momento di candidarsi alla guida del Partito democratico abbia citato Vittorio Foa ("La destra è figlia legittima degli interessi egoistici dell' oggi, la sinistra degli interessi di coloro che non sono ancora nati") e subito dopo chiosano che se questa è la sinistra che sogna Veltroni, non è certo quella rappresentata nel governo Prodi.
Per sostenere le loro tesi eterodosse i due professori portano, tra gli altri, l' esempio del caso Lecce. La locale università ha fatto una dissennata politica di assunzioni tecnico-amministrative e, avendo sprecato i soldi, lo scorso inverno il rettore è stato costretto a sospendere persino il riscaldamento nelle aule. In città pochi sembrano preoccuparsene: i figli della buona borghesia salentina studiano a Bologna, Torino, Milano. A Lecce sono rimasti solo quelli che non possono permettersi un trasferimento al Nord. E che fatalmente si troveranno ad avere in mano un titolo di studio palesemente svalutato.
Chi è più di sinistra, dunque: chi vuole un' università più snella o chi continua a stanziare fondi per perpetuare lo status quo? Sui ritardi nel liberalizzare le professioni Alesina e Giavazzi avanzano poi una tesi assai maliziosa. La sinistra è riottosa, sostengono, perché sa che il passaggio successivo è la liberalizzazione del mercato del lavoro, che toccherebbe "gli interessi di quello zoccolo duro di lavoratori anziani illicenziabili e di impiegati pubblici superprotetti dall' attuale legislazione". Ma solo liberalizzando il mercato le assunzioni aumentano. Lo insegna l' America, storicamente liberista, ma anche la Danimarca. che ha tolto ogni ostacolo ai licenziamenti, garantendo però un efficace sistema di sussidi alla disoccupazione e di incentivi a ritrovare lavoro.
Se in Italia, invece di coltivare "la retorica del salvataggio", si fosse fatta fallire l' Alitalia, si sarebbero creati spazi di mercato per altre compagnie, vecchie e nuove, che nel frattempo avrebbero assorbito gli ex dipendenti Alitalia e i prezzi inferiori, dovuti all' aumento della concorrenza, avrebbero attirato nuovi viaggiatori. Invece il contribuente italiano continua a pagare da anni per coprire le perdite della compagnia di bandiera.
Una sinistra che, seguendo i consigli di Alesina e Giavazzi, volesse far suo il verbo liberista dovrebbe però mandare in soffitta il mito dell' alleanza dei produttori. "Un mito - spiegano - che ha le radici in una visione marxista del lavoro: il marxismo si focalizza sulla produzione, sul conflitto di classe all' interno del sistema produttivo; la domanda, cioè i consumatori, è pressoché irrilevante". E come conseguenza la sinistra italiana fa ancora tanta fatica a vedere i consumatori come una categoria a cui dare rappresentanza.
Eppure la storia insegna che capitalisti e lavoratori possono scontrarsi, come è accaduto e accade spesso in Italia, ma possono anche trovare un accordo a carico dei soggetti terzi, i contribuenti e i consumatori. Il caso di scuola è il punto unico sulla scala mobile, adottato di comune accordo tra Luciano Lama e Giovanni Agnelli in nome dell' alleanza dei produttori. In quella circostanza gli industriali ottennero la benevolenza del sindacato ma scaricarono sui consumatori gli oneri di un' intesa che avrebbe acceso l' inflazione.
Con qualche preoccupazione i due economisti segnalano una tendenza di Romano Prodi a "progettare" un nuovo capitalismo misto, guidato da banchieri e da manager pubblici sotto l' ala protettiva del suo governo. Ma il capitalismo di Stato - la nuova forma dell' alleanza dei produttori - è di sinistra? La risposta è secca: "No, perché danneggia i consumatori". Pensare che banchieri e manager pubblici nominati dai politici siano più lungimiranti nelle scelte di investimento è giudicata un' illusione.
Ed è difficile dar torto ad Alesina e Giavazzi. "Basta ripercorrere la storia dell' Iri negli anni 70 quando impiegò nel Sud risorse straordinarie delle quali non si sono mai visti i risultati. Ricerca e sviluppo non hanno bisogno della proprietà pubblica, ma di buone università e incentivi, non alle imprese ma ai nostri ricercatori migliori per convincerli a non emigrare negli Stati Uniti". Il capitalismo di Stato non è di sinistra perché protegge corporazioni piccole ma potenti: alcuni politici, alcuni manager pubblici, i dipendenti di qualche impresa a partecipazione statale, annotano lapidariamente gli autori.
Rispetto a precedenti loro lavori Alesina e Giavazzi dedicano grande spazio alle issues della sinistra, come welfare, disoccupazione e povertà, ma la riflessione sul liberismo possibile è inframmezzata da giudizi fulminanti che rendono, oggi, più gradevole la lettura e, domani, più pepati i commenti. I fruttivendoli del centro di Milano, per i prezzi-monstre che assegnano a fragole e mele, "paiono dei gioiellieri", l' Agenda di Lisbona ("un' inutile verbosità"), gli economisti keynesiani ("per loro non è mai il momento buono per ridurre la spesa pubblica"), Alleanza nazionale e i partiti comunisti ("sulla politica economica formerebbero un governo perfettamente omogeneo") e infine Prodi e Tommaso Padoa-Schioppa. "Vogliono essere ricordati come leader che, pur di non rischiare nulla, hanno finito per essere superati dagli eventi e puniti dagli elettori? Noi speriamo che vogliano passare alla storia come Bill Clinton, non come Jimmy Carter".

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Il libro di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, "Il liberismo è di sinistra", è edito dal Saggiatore (pagine 126, euro 12)
Francesco Giavazzi, editorialista del "Corriere della Sera", insegna Economia politica all' Università Bocconi di Milano e al Mit di Boston. Alberto Alesina, editorialista del "Sole 24 Ore", è docente di Economia politica al Mit e alla Bocconi

Comments:
necessita di verificare:)
 
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