18 aprile, 2012

 

Grillo e i tanti grulli d’Italia. Come al solito, l’Italiano medio dà il meglio durante le crisi.

IL VECCHIO DELLA POLITICA. Di venditori di felicità la Storia è piena. I politici visionari o i furbi tribuni del popolo che promettono di fare pulizia e di correggere gli errori dei predecessori corrotti o incapaci sono sempre superati da altri più furbi e aggiornati di loro. Nella storia del Parlamento italiano sono ben nove i gruppi formatisi perché dovevano "fare pulizia", moralizzare, battersi per la legalità, dare un ordine nuovo, insomma, "mettere le cose a posto". Sei sono in questo Parlamento. Pessimi insieme con mediocri e ottimi, sia chiaro, che magari abbiamo votato e voteremmo ancora: 1. Mussolini e Fascismo, 2. Giannini e Uomo Qualunque, 3. Partito d’Azione, 4. Pannella e Radicali, 5. Verdi o Ecologisti vari, 6. Bossi e Lega Nord, 7. Berlusconi e FI, 8. Di Pietro e IDV, 9. Vendola e SEL. Chi sarà il prossimo nuovo “partito nuovo”, cioè il decimo giustiziere? Grillo e Cinque Stelle? Si accomodi. E dopo Grillo, chi verrà?

Dei gruppi “salvifici” del passato, il Partito d’Azione, che proveniva da Giustizia e Libertà, raggruppò ottime intelligenze di grande valore morale, ma non avendo basi nel Paese ed essendo i suoi capi incapaci di cercare e organizzare il consenso popolare (anzi, di mentire ai cittadini ignoranti), ebbe vita effimera. Di quelli presenti, possiamo capire solo Radicali e Verdi (o ecologisti), perché non sono veri partiti, cioè gruppi ideologici, ma un mero pungolo per gli altri partiti e per i Governi, gobettianamente "le suocere delle opposizioni" (anche se non vogliono assolutamente sentirselo dire).

Ma gli altri? Possibile che gli Italiani ricadano sempre (sia chi fonda un nuovo partito moralizzatore, sia chi lo vota) nei medesimi errori, senza un minimo di memoria storica, senso critico, psicologia, cioè intelligenza? E dire che basterebbero i tre partiti classici della democrazia liberale, come in Germani, Regno Unito: conservatori, socialisti e liberali, o come negli Stati Uniti (repubblicani, cioè liberal-conservatori, e democratici, ovvero liberal-progressisti).

Dove è carente la democrazia liberale, dove manca la dialettica tra le ideologie democratiche classiche, dove non ci sono programmi ma personaggi, la tentazione carismatica del Salvatore della Patria è ricorrente. Ora è la volta dell’attore satirico Grillo che promette con voce roboante ben impostata di fare “piazza pulita” di tutto e tutti. 

Nuovo? Nient’affatto. E’ vecchio. E’ proprio la stessa vecchia politica. Già vista. Siamo forse dei geni di acume politico e perspicacia psicologica? No. Ma ci permettiamo di dare un piccolo consiglio metodologico all’uomo della strada che, a quanto pare, in Italia dal 1920 non ne azzecca una. Bisogna guardare, cara ineffabile casalinga di Isernia, caro indicibile ragioniere di Treviso, al "come" il politico, vecchio o nuovo che sia, attira e organizza il consenso popolare, piuttosto che al "che cosa", cioè alle (poche, pochissime) proposte pratiche, ai vaghi programmi. Insomma, anche nel caso d’un Grillo, è sbagliato e ingenuo guardare ai “contenuti”, oltretutto patetici e generici, quando la forma è così patologica. I contenuti si copiano dagli altri. La forma è invece davvero rivelatrice.

“Ho fatto uno sforzo per sentire su internet un comizio di Grillo, ma sembra un impasto tra Bossi e il Gabibbo”. Sarcastico e sprezzante quanto volete, ma “Baffino” [l’on. Massimo D’Alema, antipatico agli stessi militanti del suo Partito Democratico] ha visto giusto. E' esattamente come dice lui.

Solo che la gente, i famigerati Italiani senza cultura, memoria e senso critico, non lo sanno e non lo vogliono sapere, e cadono sempre nello stesso errore. Anziché fare mea culpa e ammettere che si trovano nei guai perché si disinteressano da sempre della Cosa pubblica, non controllano come si fa nei Paesi anglosassoni i loro rappresentanti, anzi, cercano raccomandazioni e favori individuali, vivono nel sordido familismo e “amicismo” amorale, e dunque eleggono sempre le persone sbagliate, questi Italiani insistono a rimediare con un rimedio peggiore del male.

Eccoli, perciò, che si lasciano sedurre dal Giustiziere e Vendicatore di turno, che punirà – Lui solo, sì – i cattivi Partiti, i perfidi profittatori della Politica e del malaffare, insomma la Casta, recitando da Savonarola e Cola da Rienzo (Mussolini, Giannini, Bossi, Berlusconi, Di Pietro ecc.). Ma il Raddrizzatore di torti, ovviamente, alla prova dei fatti si rivelerà solo un uomo come tanti, anzi, quanto più bellicoso e tronfio era stato durante la seduzione, tanto più inadeguato apparirà al volgo a orgasmo raggiunto. Un uomo qualunque, appunto. E per questo – dicono gli psicologi – piace così tanto all'Italiano medio. La sua storia personale, la sua cultura, il suo carattere, non interessano. Eppure basta la biografia a dire tutto di un uomo. Macché, il popolo è cieco, perché non vuole vedere.

Perciò uno come Grillo, l’ennesimo comico che strabuzza gli occhi, urla parole forti e buca lo schermo (ma Mussolini recitava meglio la parte, e faceva ridere di più), è perfetto ora. Viene al momento giusto. Come sempre durante una crisi economica, politica di valori morali. La ricetta è sempre la solita. Ma sì, è l’Uomo della Provvidenza. Con le sue impazienze, volgarità e smorfie è l'attore da Commedia dell'Arte (molta commedia e nessuna arte) che rappresenta benissimo, anzi toglie loro la parola, gli avventori dei bar e delle autofficine dell'Italia, miracolosamente unita dai nostri Risorgimentali.

E meno male che la fecero l’Italia quelle eroiche minoranze. Perché, se era per questi provinciali da quattro soldi che, incapaci di riconoscere e curare la propria debolezza di cittadini, cercano ridicolmente l’Uomo forte che recitando da capitan Fracassa rimedi ai loro errori, neanche l’Italia avremmo fatto.


Comments:
Va bene. Ma dove sono quelle stesse minoranze oggi? Che fanno, oltre che lecitamente occuparsi delle esistenze loro e dei loro cari?
Non mi spaventa l'essere minoranza. Mi spaventa l'isolamento. Mi spaventa l'incapacità, o la mancanza di voglia o ancora la difesa di rendita di una posizione miserrima, di rimettersi attorno a un tavolo, abbassando per un secondo i vessilli che ognuno porta, per dar vita a un progetto minimo comune.
Il Pli vuol dar vita a una costituente liberale. Il Pri a una liberaldemocratica. Il Psi firma l'appello di Teodori e Covatta e poi elogia l'Imu auspicando faccia giustizia delle seconde e terze case detenute – evidentemente – da miliardari evasori. I radicali si rimettono a raccoglier firme per i referendum. Critica liberale continua a stampare parole d'ordine senza gambe.
Ognuno di questi soggetti, come ogni singola persona, ha limiti e pregi. Ma, se non andiamo oltre le differenze e le diffidenze, lasceremo sempre il campo – e la rappresentanza di quelle minoranze – ad altri soggetti. Meglio un minuscolo partito di testimonianza, come il Pd'Az o i protestanti olandesi, che niente. Meglio un programma irrealizzabile, stanti le odierne condizioni, che nulla. Meglio pagare di tasca propria qualche centinaio di volantini fotocopiati che il silenzio al quale, mi sembra, ci si è rassegnati.
Se c'è un'«altra Italia», se esistono minoranze di persone 'naturalmente' liberali, orientate verso lo Stato di diritto, una lecita concorrenza fra soggetti imprenditoriali e ferocemente intenzionate a far sì che lo Stato non intervenga nelle questioni di coscienza e nelle scelte individuali, è ben tempo che si diano modo di incontrarsi, discutere, litigare se necessario e arrivare ad un punto d'accordo.
Altrimenti non si è in minoranza: si è in colpevole minorità.
 
Ma perché cercare quelle "minoranze"? Ti spiazzerò col mio abituale gusto del paradosso: ma quelle minoranze laiche-liberali si sono ormai perse. Perché?
Ma perché sono già - debitamente annacquate ("è la Democrazia, bellezza") - diventate Maggioranza. E noi non vogliamo accettarlo. Quando un Movimento vince, com'è accaduto al Liberalismo, ed è chiamato dalla Storia a reggere i più grandi Stati del Mondo, è naturale che i partiti identitari, che dovrebbero conservarne lo spirito originario, sopravvivano malamente e nell'ombra, misconosciuti da tutti. E' il paradosso dell'ideologia vittoriosa (liberale, repubblicana, monarchica, fascista o comunista che sia).
Certo, noi ci lamentiamo che il Liberalismo abbia vinto, sì, ma con questo altissimo tasso di diluizione. Ma tant'è: avremmo dovuto prestare più attenzione ai tempi della Destra storica liberale, già dopo la morte di Cavour, e poi con la Sinistra storica liberale, e con Giolitti e il patto Gentiloni, e poi con Facta (suvvia, è mai esistito un imbecille politico più di lui?), e poi con l'Aventino, e poi con la Resistenza e con la Costituente. e infine durante e dipo Tangentopoli. E invece in tutti quei cruciali snodi storici e politici i Liberali (essere umani, politici) hanno sbagliato. Fortuna che l'ideologia (il Liberalismo) era-è così vincente ed esauriente da vincere (sia pure in modo molto diluito) per conto suo, nonostante la dappocaggine dei politici liberali che la rappresentano.
 
a parte le critiche sulla persona cos' altro.. ?
 
"A parte le critiche alla persona", dice l'anonimo. Il resto non conta nulla. In un club così personalistico è fondamentale la personalità del leader. E se gli "adepti" non se ne rendono conto dimostrano di autoselezionarsi al contrario. Solo persone senza il minimo di psicologia, cioè intelligenza (non esiste la seconda senza la prima), possono aderire ad un gruppo in cui il leader ha una personalità così discutibile, ambigua e contraddittoria. Una persona così chissà che penserà o farà di fronte ai singoli problemi...!
 
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