06 novembre, 2005

 

6. Newsletter del 26 aprile 2004

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Salon Voltaire
IL "GIORNALE PARLATO" LIBERALE
LETTERA QUINDICINALE DEL SALOTTO VOLTAIRE
GIORNALE LIBERALE DI ATTUALITÀ, SCIENZA, CULTURA, POLITICA E COSTUME
Lettera N. 6 - 26 aprile 2004
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"Stress, ipertensione, colesterolo alto? Partecipa a un salotto liberale.L’unico in cui il sedentarismo fa bene e stimola il cuore"
CARDIOLOGO ANONIMO
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In questo numero:
DOPO IL 25 APRILE. GRAZIE, AMERICA, PER AVERCI INVASO
MASCHI INUTILI. LE DONNE FARANNO TUTTO DA SOLE
FIORI DI BACH, OMEOPATIA, PRANOTERAPIA? NO ALLE TRUFFE
BUONISTI GUAI A VOI, PIU' GIUSTA LA "CATTIVERIA"
LA CODA DI PAGLIA DELLA CHIESA SULLA PEDOFILIA
ECCO LE BUGIE DELLA LOBBY ANTI-ISRAELIANA IN TV
ERRORI DI DESTRA E SINISTRA. BARUFFE ITALIANE ALL’ESTERO
LA STAMPA ITALIANA NON E’ SERVA DEL GOVERNO. ANZI
ELEZIONI. L’ARITMETICA "CREATIVA" DEGLI ANTIPATIZZANTI
URBANISTI RADICALI. LIBERALI SI’, MA NON LIBERISTI
BIN LADEN CATTURATO E UCCISO. L’EUROPA PROTESTA
E IL BUTTAFUORI INSEGNA AGLI ITALIANI LA DIGNITA’
QUEL MASTINO CHE DALLA TV RIANIMO’ I BORGHESI
QUI MIAMI A VOI ITALIA: ECCO I CONSIGLI PER GLI ACQUISTI
PROVINCIE. NESSUNO LE VUOLE, TUTTI LE PIGLIANO
LIBERALI. CONVENTION IL 29 A ROMA (APERTA A TUTTI)
NON L’HO VISTO, MA MI PIACE TANTO (IL VESCOVO LEFEBVRE)
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IL 25 APRILE CI VOLEVANO TANTE BANDIERE A STELLE E STRISCE
Grazie, America, per averci invaso
Cari Americani, grazie di tutto. Per averci dato una mano nella Prima Guerra Mondiale, inviando un grande esercito sul fronte francese, ma soprattutto per averci invaso nella Seconda. In entrambi i casi in modo disinteressato, andando con l’istinto e la ragione contro i dittatori di turno. Adesso lo potete dire: non cercavate "armi di distruzione di massa", come avremmo detto oggi credendo alle fandonie del regime fascista. Voi non lo sapevate, ma in fondo volevate "esportare il liberalismo e la democrazia". Perché non l’avete detto subito, anche per l’Iraq?. E avete vinto, per fortuna vostra e nostra. Ma avete speso un sacco di soldi, e avete subìto migliaia di morti. Nella Seconda Guerra, pur contro un esercito tedesco in fuga, avete lasciato sul terreno per colpa nostra 38 mila morti. Chi ve l’ha fatto fare? chiederà qualche cretino di destra e di sinistra. Rispondetegli che la libertà conviene a tutti, perché ognuno possa dire la sua, o comprare ciò che vuole, allargarsi e chiarirsi le idee, crescere nella competizione, nel pluralismo, nella scienza libera e nella modernità. Noi lo capimmo al volo. Ma oggi in Iraq e in Europa c’è gente che non lo capisce.
Erano altri tempi, le donne e gli uomini erano un po’ più bassi, ma più forti ovunque, tanto più negli States. Ma, diteci, che cosa avete raccontato alle madri dei tanti ragazzi morti e feriti? Niente, è vero? Gli avete solo comunicato che erano morti valorosamente, facendo il loro dovere. Bene. Sapeste, invece, che razza di scuse oblique si devono dire oggi alle madri e fidanzate italiane, se succede qualcosa ai loro ragazzi, che in Iraq, oltretutto, vanno volontariamente, spesso per far soldi.
Allora, però, cari amici americani, non faceste la sciocchezza di preannunciare un anno prima la ricerca di "armi di distruzione di massa". In compenso, Mussolini non riusciste a prenderlo. Ve lo faceste scippare dai partigiani comunisti. Ma un errore lo faceste lo stesso: sbarcare un po’ fuori mano, in Sicilia, anziché a Genova. Comunque abbiamo apprezzato: cercavate il nostro Saddam Hussein. E invece ci avete cambiato la vita. Ve lo ricordate? Dopo un mese che eravate qui, già i giovani ascoltavano sui giradischi a manovella i vostri dischi di ebanite a 78 giri (i "V Discs", "dischi della vittoria"), fatti stampare apposta per l’esercito Usa, e spesso regalati alla popolazione. E che musica c’era in quei dischi fuori commercio? Jazz, tanto jazz. Oggi questa musica la suona anche il figlio di Mussolini. Grazie molte, davvero, anche per questo, America. (Camillo Benso di Latour)
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RIUSCITO IL PRIMO ESPERIMENTO DI PARTENOGENESI FEMMINILE
Maschi inutili, le donne faranno tutto da sole
Sapevamo, perché le nostre compagne ce lo ripetevano spesso, di essere quasi inutili. Tanto che nei millenni dalle prime utilissime attività (condurre elefanti e pecore, cacciare animali da carne e scavare grotte), siamo decaduti a quelle inutili, come ideare sistemi filosofici e ordinamenti giuridici, reggere stati, costruire grandi città e monumenti, comandare eserciti, comporre musica, inventare e costruire macchine. Tutti "lavori" (giustamente le donne non li considerano tali) che infatti non sono mai piaciuti alle figlie d’Eva.
Ora ci si mette anche la biologia sperimentale, che già di per sé è in mano alle donne. In Giappone si è riusciti a fecondare l'ovulo di una femmina di topo senza gli spermatozoi di un topo maschio. In poco tempo si ripeterà l'esperimento anche sull'uomo. La donna sarà autosufficiente, e sul piano genetico potrà fare tutto da sola. Finalmente potremo accampare anche noi l’abusata scusa del "mal di testa", senza far rischiare alla razza umana l’estinzione (Cogitus interruptus)
La redazione si dissocia da una nota che sotto il comodo velo dell’ironia in realtà è ottusamente vetero-maschilista, facendo osservare che la nuova libertà genetica di cui beneficeranno le donne non vorrà dire necessariamente autosufficienza sessuale, come l’articolista, probabilmente siciliano, vorrebbe maliziosamente insinuare. (La meno cresciuta delle Piccole donne)
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TERAPIE NON SCIENTIFICHE, SPRECHI DI STATO E "PLACEBO"
Fiori di Bach, omeopatia, pranoterapia? No della bioetica
Vi prendete troppa cura dei vostri cari? Una "malattia" che guarisce col fiore azzurrino della cicoria. Non sapete qual è il vostro posto nella vita? L’infiorescenza dell’avena fa per voi. Secondo il dottor Bach, Edward Bach, che - lo ammettano i cultori della "floriterapia" - se si fosse chiamato Sebastiano Ruotolo, o Pegazzoni Adalberto, non avrebbe avuto il successo che ha. Ma ci sono migliaia di altrettanto fantastiche "indicazioni terapeutiche" in omeopatia, macrobiotica, pranoterapia, ayurveda, e cento altre bellissime terapie alternative, esotiche ed esoteriche.
Mentre i medici italiani non prendono posizione e fanno i pesci in barile sulla futura legge che regola l’altra medicina (ben sapendo che, se approvata, farà aprire ai colleghi meno bravi o disoccupati migliaia di studi medici con milioni di pazienti e un giro di affari di miliardi), il comitato nazionale di bioetica (Cnb), attraverso un suo gruppo di lavoro coordinato da Giovanni Federspil, ha intanto bocciato il testo in discussione alla Camera. La norma, voluta da una lobby molto agguerrita, dovrebbe portare al riconoscimento da parte dello Stato di numerose "terapie alternative", orientali, "filosofiche" o pseudo-naturali, oggi molto diffuse tra la popolazione, specialmente femminile. Ma il vero scopo, per diffondere queste pratiche, è quello di ottenere il rimborso delle relative spese mediche da parte dello Stato (in questi tempi di crisi), e - tutti i salmi finiscono in gloria - di far riconoscimento appositi nuovi "albi" con migliaia di terapisti, molti senza la minima preparazione scientifica, che si sono buttati sulla lucrosa attività di "medico alternativo" fidando sulla credulità, la paura e l’ignoranza scientifica degli italiani.
Come è stato motivato il no? Le medicine alternative non sono scientifiche, cioè la loro efficacia per i pazienti non è stata mai provata in modo serio - malgrado i tentativi - da nessuno studioso al mondo. Quindi, sono inefficaci. Eppure, qualche "malato" è convinto di star meglio con l’ayurveda indiana (che risale a migliaia di anni fa e riduce tutto a "tre costituzioni" e "tre principi negativi"), con la macrobiotica (che dà rischi di avitaminosi e carenze varie, rachitismo, ipertensione, tumori), con l’imposizione magica delle mani, con i fiori di Bach, con l’omeopatia, nelle cui pillole c’è solo amido o talco, e nelle cui gocce c’è solo acqua. A questi malati, veri o immaginari, spesso dotati di cultura umanistica ma ignoranti in scienze, bisogna ricordare che molte di queste tecniche non sono affatto "naturali" per l’uomo. E l’uomo, per fortuna, non è una macchina e, senza far nulla, guarisce da sé fino al 5 per cento dei casi e oltre, compresa l’autosuggestione nota come "placebo". Ecco a che cosa sono dovuti i rari miglioramenti, attribuiti per errore ad una polverina magica, alla dieta di alghe e riso stracotto (yang), alle prugne sotto sale, a estratti diluiti milioni di volte, alle diete anti-tumore "senza pomodoro", al fluido "magnetico" di un guru ispirato dal cielo. Ma, purtroppo, madri vegan o terapisti criminali arrivano a dare "latte di riso" o di mandorle ai lattanti, al posto di quello materno ("animale"), con esiti gravissimi riportati dalle riviste scientifiche.
E invece, come dovrebbe essere una terapia per essere provata "in modo serio e scientifico"? Innanzitutto, i miglioramenti devono poter essere ottenuti da qualunque medico che segue quel metodo, anche chi "non ci crede". Poi la terapia va sperimentata in studi in doppio cieco, in cui, cioè, né gli studiosi medici e statistici, né il paziente sanno a chi è stato dato o praticato il medicamento alternativo, per non essere suggestionati. E va applicata a molti soggetti e non a pochi, per evitare gli scherzi del caso. Inoltre deve dare vantaggi di rilievo (p.es. il 7 o il 10 per cento, non solo lo 0,1 o l’1 per cento, spesso dovuto alle naturali risposte dell’organismo). Infine lo studio deve essere pubblicato da riviste mediche-scientifiche serie, tipo New England Journal of Medicine o Lancet, che non pubblicano ogni cosa che ricevono, ma sottopongono a prove critiche severe e obiezioni, e talvolta fanno modificare, gli studi presentati prima di pubblicarli.
Alcune terapie naturali, però, funzionano davvero. E infatti sono state provate. Queste, sì, potrebbero essere definite "naturali". Tre esempi banali, a caso: lo zenzero è più efficace e meno dannoso della xamamina contro la nausea da mal di mare o d’auto (Lancet); il pomodoro rosso riduce negli esperimenti di laboratorio il rischio di tumore della prostata (grazie al colorante rosso licopene); le zuppe di malva, le lenticchie e i fichi, prevengono o curano le stipsi. In questi casi l’evidenza dei risultati è alla portata di chiunque o è provata dalle riviste di biologia sperimentale o medicina. Lo stesso si dica per la fitoterapia, che è presente nel 20-30 per cento dei normali farmaci, con la quale però ci si può avvelenare sbagliando erba o erborista. Quindi, non le medicine propriamente naturali danno problemi di efficacia del principio attivo (semmai di tossicologia), ma quelle esotiche ed esoteriche, spesso appartenenti a culture primitive o fondate su credenze popolari o filosofiche.
Noi liberali e razionalisti dobbiamo essere molto severi su questa materia, se non vogliamo creare dei pericolosi precedenti anti-scientifici. Senza negare tutto, ovviamente, per esempio che numerosi principi attivi e terapie provengono proprio dalle erbe o dagli alimenti. E poi ci ripugna, in tempi di liberismo vincente, che lo Stato, alle solite, debba "riconoscere" nuove corporazioni, nuovi "albi", nuovi "ordini", e soprattutto debba pagare - in tempi di crisi di bilanci statali - migliaia di miliardi di lire sotto forma di nuovi "farmaci" di fantasia rimborsati. Noi, che alle sciocchezze non ci crediamo, non vogliamo pagare per quelli che ci credono. Sarebbe come se venisse imposto a tutti, anche ai non credenti, un "otto per mille" in favore di una religione. Almeno, chi vuole curarsi la propria "tendenza a vivere nel passato" col fiore di caprifoglio, si paghi la "medicina" di tasca propria. Dopotutto, un farmaco finto va bene per una malattia finta. (Sor Giovanni, er farmacista de Bassano)
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"PICCHIA DURO", L'ULTIMO FILM DI ALMODOVAR
La coda di paglia della Chiesa sulla pedofilia
Una pellicola definita "quasi autobiografica" dal suo autore, il celebre regista spagnolo Almodovar, descrive gli atti di sadismo e gli abusi sessuali di ogni genere subìti dai ragazzi nei collegi religiosi. Cose che nei seminari americani hanno già fatto scandalo e hanno portato ad una diminuzione dei praticanti cattolici nell’America di provincia, ancora tutto sommato puritana. E’ stato un terremoto. Numerosi preti denunciati, condannati, espulsi dalla Chiesa, vescovi incriminati, inchieste giornalistiche aggressive, cause di risarcimento, cardinali chiamati a riferire al papa, ecc.
Ma torniamo al film. Già definito come il migliore del regista, sarà presentato al Festival di Cannes. Intanto i cattolici reazionari si affannano a riversare su internet – come si è visto nel "Costanzo show" di qualche settimana fa - le colpe della "dilagante pedofilia". Che cos’è, malafede, ipocrisia, o una ben orchestrata disinformazione che dovrebbe aiutare a confondere le acque e far dimenticare il dilagante, questo sì, malcostume dei preti pedofili? E non la ripetevano di cointinuo i predicatori di Santa Romana Chiesa quella raccapricciante frase evangelica che tocca la lapidazione (ancora in uso nell’Oriente islamico tradizionalista): "chi è senza peccato scagli la prima pietra"? (L’autista di Veltroni)
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COME AUMENTARE I CONSUMI. PARLA UN IMPRENDITORE
Qui Miami a voi Italia: ecco i consigli segreti
C’è chi dà una mano alla baracca a modo suo. Un industriale italiano che lavora a Miami, in Florida, Carlo Bruna, elenca quelle che secondo lui potrebbero essere efficaci misure per affrontare la stagnazione economica che sta bloccando l’economia italiana. "Sono convinto – ha scritto al Corriere - che il problema italiano sia quello di incrementare i consumi senza aumentare i costi delle imprese e senza ridurre significativamente le entrate fiscali. Ecco i miei suggerimenti: 1) distribuire a tutti i salariati che lo richiedano almeno il 10 per cento (anche a rate) dell’indennità di fine rapporto maturata. 2) Esonerare fiscalmente la vendita da parte di ultrasessantenni (con pagamento rateizzato sino al decesso) delle nude proprietà immobiliari residenziali. 3) Detassare totalmente (incluse le contribuzioni sociali) qualsiasi remunerazione d’opera eccedenti le 40 ore lavorative settimanali. 4) Esentare da imposizione il salario della donna (nuova assunzione) il cui marito sia già gravato fiscalmente. Problemi d’incostituzionalità? Forse".
Geniale l’anticipo dell’indennità di fine rapporto. Con i gusti che si ritrovano certi giovani, speriamo però che non la spendano per comprare telefonini. Passiamo i suggerimenti alle teste d’uovo del ministero di Tremonti. Ma i sindacati italiani, molto più corporativi e conservatori di quelli americani, e gli alti burocrati dell’Inps, protesterebbero sicuramente con polemiche e scioperi generali. Anche noi incompetenti prevediamo che se al meccanismo perverso si toglie una buona fetta della partita di giro costituita dagli accantonamenti per l’indennità di fine rapporto di lavoro, il sistema parassitario e ingiusto chiamato in Italia "previdenza sociale" crollerebbe. E coloro che finora se ne sono ingiustamente avvantaggiati faranno fuoco e fiamme. (Giolitti, il gelataio di Campo Marzio)
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EROE NO, MA E' MORTO MEGLIO DI COME ALTRI VIVONO
E il buttafuori insegna agli italiani la dignità
Se avesse girato un film sul sequestro dei quattro italiani in Iraq, Alberto Sordi, l’italianuzzo-tipo osannato dal sindaco di Roma, Veltroni il Cinefilo, che gli ha dedicato la storica Galleria Colonna sul Corso, avrebbe avuto una pensata geniale. Tirato fuori dallo zaino militare un salame italiano e del pane, li avrebbe offerti ai rapitori per ingraziarseli e convincerli a farla franca, con l’abituale corredo di smorfie e moine, da discreto attore ma grande caratterista. E sarebbe stato ucciso subito, senza pietà: agli islamici è vietata la carne di maiale.
Ma allora, italianuzzi per italianuzzi, preferiamo la squinternata comitiva di poveracci, guardie del corpo, vigilanti e buttafuori, che giocando per soldi a fare i Rambo e commettendo anche loro una serie di madornali errori di comportamento, si sono fatti rapire dai terroristi islamici, Uno addirittura, il Quattrocchi, è morto, sembra, per un gesto assai poco italiano e molto pericoloso in Iraq: aver guardato fisso negli occhi i carcerieri armati, com’era sua abitudine verso chiunque. Nelle "Mille e una notte" di una psicopatologia a lui estranea, quando ha capito di dover morire, ha pensato almeno di recitare la parte nel modo migliore. Ed è morto molto meglio di come milioni di altri italiani vivono. Oggi non abbiamo i Molino e i Beltrame, disegnatori delle copertine della vecchia "Domenica del Corriere". Ma un italianuzzo normale e terra-terra, per niente eroe, che fa vedere al mondo "come muore un italiano", ripaga di tante frustrazioni i tanti Alberto Sordi che vivono sullo stivale, capaci una volta ogni secolo di assomigliare per sbaglio agli eroi. (Il Fratello scemo dei Bandiera)
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UN PO’ DI CRONISTORIA, DOPO LE BUGIE DELLA TV
"Terrorismo palestinese? Da quando Israele ha occupato Gaza"
"Dai e ridai, a forza di bugie verosimili ripetute ogni giorno, qualcosa di falso resterà in testa alla gente". Ne erano convinti gli uffici stampa e propaganda di Mussolini, Hitler, Lenin, Stalin, e giù giù fino ai Ceausescu, agli Hoxa, ai Castro. Ma qualcosa di questa inquietante verità psicologica su cui sono fondate la mistificazione e la "disinformacja" sovietica dei bei tempi, deve essere rimasta nelle abitudini dei politici italiani amici dei terroristi palestinesi. Certo, loro non li chiamano terroristi. Va bene, allora, se li inseriamo idealmente nella Lie (Lobby italiana estremisti)? Meno male che l’inglese dell’odiato Tony Blair lo ignorano, perché l’acronimo "lie" vuol dire bugia.
In tre distinte trasmissioni tv Bertinotti-teewd, Diliberto-snob e Occhetto-Di Pietro (scusate, è rimasto attaccato, come certi spaghetti che scuociono) hanno sostenuto che il terrorismo dei kamikaze palestinesi è figlio dell'occupazione israeliana di Gaza e che il piano del ritiro da Gaza elaborato dal premier Sharon con Bush, durante il suo recente viaggio negli Usa, sarebbe a una "truffa, perché dà il pretesto ad Israele di annettersi i territori palestinesi e non contempla il diritto al ritorno dei profughi palestinesi". Falso, falsissimo. Il piano Sharon per il ritiro unilaterale degli israeliani da Gaza è una occasione unica per i palestinesi, darebbe sicurezza a Israele, ridurrebbe il conflitto fra le due comunità, faciliterebbe il rilancio del processo di pace.
Gli attentati kamikaze palestinesi sono cominciati quando Rabin e Arafat avevano raggiunto gli accordi di Oslo nel '93 e si sono intensificati con l'esplodere dell'Intifada Al Aqsa, dopo che Arafat respinse stupidamente le ben note proposte che il premier Barak gli aveva formulato nel vertice di Camp David (pensate: stato palestinese sul 97% dei territori e divisione di Gerusalemme).
Il piano Sharon non è una "truffa che offre il pretesto ad Israele di annettersi parte dei territori palestinesi". Tutte le amministrazioni Usa dal 1967 (Johnson) ad oggi, hanno riconosciuto che per motivi di sicurezza i confini di Israele non potranno più essere quelli "indifendibili" del 1967. Ed è falso che i cosiddetti "profughi palestinesi" debbono esercitare il "diritto al ritorno". La risoluzione 194 non lo menziona affatto e si limita a un riferimento ai risarcimenti a cui questi profughi avrebbero diritto. Si tratta di una massa di ben cinque milioni di persone, tenute per quasi mezzo secolo in squallidi campi profughi da parte dei regimi arabi, che non hanno fatto nulla per aiutarli in termini economici, ma li hanno educati all'odio contro Israele. E’ facile capire che se quel "diritto" venisse concesso, metterebbe in pericolo l'esistenza stessa dello Stato di Israele. (Richard Lion-Hearted)
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SUI MASS MEDIA FIGURACCE DELLA DESTRA E DELLA SINISTRA
Dignità italiota: baruffe di cortile esportate all’estero
E’ dal Medioevo in poi che gli italiani hanno preso il brutto vizio di rivolgersi all’estero, allo straniero, quando qualcosa non va in patria. Non si sentono cittadini, ma sudditi. E, come popolani, chiedono udienza al re delle favole, che sistemerà tutto. Brutto segno. Come se si sentissero inadeguati al compito, impotenti, inferiori. E così, la bambina italiana corre a piagnucolare dalla maestra (un signorotto tedesco, un imperatore, i francesi, la Corte dell’Aia, il Parlamento d’Europa) se il compagno di banco le ha tirato i capelli.
Sapevamo già che greci e arabi, Chiesa e dominatori stranieri, hanno fatto di noi un popolo piagnucoloso, poco dignitoso ed esibizionista. Che non si vergogna di niente. Altro che antica Roma. Le nostre baruffe di cortile le estendiamo a tutto il quartiere, alla città, alla nazione, al mondo intero. Mentre tedeschi e inglesi, e quasi tutti gli altri popoli, godono in pubblico e piangono in privato, noi non facciamo che rallegrarci a casa e piangere in piazza. Loro sono educati alla compostezza, all’orgoglio e alla dignità, noi siamo portati, per scarsa educazione familiare e sociale, a lavare i panni sporchi davanti a tutti e a dare spettacolo di sé.
Sono migliaia ogni anno i ricorsi di cittadini italiani contro lo Stato italiano alla Corte di Strasburgo, e perfino al Tribunale dei Diritti dell’Uomo dell’Aia. Ma ricorrenti e avvocati non si vergognano, né badano alla figura che ci fanno fare. Possibile che dei laureati siano così privi di psicologia, così eruditamente imbecilli? Figuratevi che penseranno degli italiani in genere, e degli stessi proponenti, gli stranieri che già hanno pregiudizi anti-italiani diffusi e radicati. Ora le alte strida delle "prèfiche" (donne pagate per piangere e urlare di dolore nei funerali, in Grecia e nel sud Italia) hanno invaso senza pudore l’aula del Parlamento Europeo. In quella sede la sinistra italiana ha denunciato la destra italiana esponendo per un’intera settimana sotto gli occhi attoniti degli europei i panni sporchi di casa nostra: conflitto di interessi televisivo del Presidente del consiglio, "pressioni" e "condizionamenti" del governo sugli organi di stampa e televisivi, forme di "censura" su giornalisti e anchormen. Insomma, un mezzo regime. Il rapporto Boogerd-Quaak "sui rischi di violazione, nell'UE e soprattutto in Italia, della libertà di espressione e di informazione", ha alla fine è stato votato da una minoranza, perché la maggioranza - PPE in testa - ha abbandonato l’aula. Ma il colpo inferto all’Italia, più che a Berlusconi, è stato grave
La Sinistra non capisce che rovesciare in tutte le sedi, anche all’estero, tonnellate di fango sull’Italia, pur di battere Berlusconi e vincere le elezioni, è un gioco sporco e ottuso, che prima o poi le si ritorcerà contro. E ha anche le sue colpe specifiche. Che cosa ha fatto nei lunghi anni in cui era al governo (Amato, Prodi, D’Alema) per regolare il conflitto di interessi nei governanti imprenditori, e per rendere più pluralista l’informazione Rai? Nulla, anzi, ricordiamo benissimo che a quei tempi la Tv era più faziosa e reticente. E il sospetto che abbiano lasciato furbescamente le cose così come stavano per mettere in imbarazzo il probabile successore, è più che fondato. Dopodiché, certo, si deve dire che la Destra ha sbagliato gravemente a non risolvere entro 100 giorni, con l’enorme e coesa maggioranza che aveva, i tre problemi più gravi: conflitto d’interessi, riforma della giustizia (con la radicale separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, cosa comune in tutto il mondo libero) e privatizzazione della Rai. Noi vi avremmo aggiunto anche una riforma delle pensioni all’anglosassone. Tanto, gli scioperi ci sono stati lo stesso, senza aver fatto nulla. Ma tutto sarebbe diverso, ora. (La lattaia di via Torre Argentina)
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SILENZIO DEI GIORNALISTI DOPO IL VOTO DELL’EUROPARLAMENTO
Stampa italiana "serva del governo"? Non ci risulta
Come liberali e indipendenti, sia da destra che da sinistra, vogliamo essere obiettivi. Ogni giorno durissimi articoli contro il governo Berlusconi appaiono su quotidiani di sinistra come La Repubblica (secondo quotidiano italiano con 625 mila copie di diffusione media, dietro il Corriere della Sera, 680 mila: centro o centro-sinistra, comunque non governativo), L’Unità (68 mila), Il Manifesto (54 mila). Tra i settimanali politici L’Espresso è secondo con 404 mila copie (dietro Panorama, con 534 mila) ed è anti-berlusconiano. Senza contare programmi Rai-tv di successo come Ballarò, Enigma, condotti da giornalisti di sinistra. Ma anche i telegiornali Tg1, Tg2, Tg3, spesso, forse per prevenire critiche e sospetti, prima fanno vedere il politico (o riferiscono il parere) dell’opposizione e dopo quello della maggioranza. L’Osservatorio di Pavia ha scoperto che perfino a Porta a porta la sinistra è stata invitata più volte. Senza contare poi i popolari e influenti Costanzo Show e Striscia la notizia di Canale 5 (Mediaset), dove l’opposizione prevale di gran lunga fin dalla loro fondazione.
Come si fa in questa situazione di prevalenza della stampa anti-governativa o indipendente (il quotidiano governativo più diffuso, Il Giornale, è solo sesto, con 214 mila copie) a sostenere che
in Italia la stampa non sarebbe libera perché asservita al governo? E’ addirittura ridicolo pensarlo. Per fortuna nelle nostre edicole c’è di tutto e di tutte le tendenze. Ma molti lo hanno denunciato, in Italia e all’estero.
Il discusso voto del Parlamento europeo che denuncia una situazione di grave pericolo per la libertà di stampa in Italia, anche con atti discriminatori e censori, colpisce di rimbalzo i giornalisti italiani. Se esiste un corruttore (Berlusconi e il suo governo), devono esserci anche i corrotti, i giornalisti italiani. Dal sillogismo non si scappa. Non è una bella situazione per i professionisti della notizia, definiti indirettamente come sospettabili di scarsa moralità professionale. Eppure né il sindacato (Fnsi), né l’Ordine dei giornalisti, hanno finora protestato. Gli sta bene essere sospettati di servilismo nei confronti del governo? L’unico a levare la voce a difesa della propria e dell’altrui libertà e professionalità è stato il liberale Piero Ostellino, oggi editorialista di punta e anni fa direttore del Corriere della Sera.
"Il voto del Parlamento europeo solleva un pesante, quanto immotivato, sospetto sulla professionalità e la moralità dei giornalisti italiani, ha scritto Ostellino. Ed è davvero singolare che i loro organismi professionali e sindacali - sempre pronti a sottolinearne la natura "laica, democratica e antifascista" - non facciano ora una piega di fronte a una risoluzione che, di fatto, finisce con accusarli di essere (potenzialmente) dei servi del governo, come in un qualsiasi Stato autoritario. Francamente, troverei già offensivo che a rivolgermi tale accusa fosse un parlamentare italiano. Figurarsi se posso accettare che lo faccia un parlamentare di un altro Paese. Il mio non è né anacronistico nazionalismo, né anti-europeismo di riporto. E' solo una legittima difesa della mia dignità e di quella dei miei colleghi.
Il conflitto di interessi di Berlusconi c'è. Ma poiché è, almeno per il momento, ineliminabile, ciò che si dovrebbe fare seriamente - più da parte nostra, di noi italiani, che da parte europea - è, a mio avviso, cercare di appurare quanto empiricamente esso pesi sul corretto funzionamento della nostra democrazia, compreso il sistema informativo. E qui, basta accendere la televisione per scoprire che - dall' "Infedele" di Lerner, a "Ballarò" di Floris, e persino a "Porta a porta" di Vespa - all'opposizione non manchino di certo le occasioni per manifestare liberamente la propria opinione sull'operato del governo. Basta affacciarsi a un'edicola per constatare - da Repubblica al Manifesto , dall' Unità a Liberazione - quanto sia libera e agguerrita la stampa nel nostro Paese. Vivaddio. L'Italia è un Paese libero e democratico. Lo era prima di Berlusconi, lo è adesso, col Cavaliere al comando. Lo sarà domani, se il centrosinistra tornerà al potere. Se, poi, qualcuno non lo crede, può sempre votare Ulivo. Cercando magari di convincermi che il giornalismo di Michele Santoro fosse un esempio di imparzialità." Oste, Ostellino, ben dito, direbbero, una volta tanto uniti, sia a Genova che a Venezia. (Salvatore, quello che scopa in redazione)
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PER LA SERIE "FACCIA DI TOLLA". DA BRUXELLES A DUBLINO
"Bin Laden ucciso. L’Europa protesta"
Se Monnet, Schumann, Spinelli, Adenauer e Martino (padre), avessero immaginato che la futura Europa unita da loro voluta non avrebbe saputo distinguere un cittadino perbene da un terrorista, si sarebbero rimangiati di colpo tutto il loro europeismo e sarebbero diventati sicuramente dei super-nazionalisti. A che ci serve l’Unione Europea, a finanziare i terroristi attraverso i finanziamenti elargiti per far stampare i libri scolastici dei bambini della Palestina, in cui gli Israeliani sono descritti come il demonio e lo stato di Israele manca addirittura dalla carta geografica? Per fortuna le proteste decennali dei liberali europei sono riuscite - da poco - a far inserire nella lista nera d’Europa anche il gruppo terroristico Hamas, che spinge perfino i bambini e le donne a cingersi di corpetti di tritolo e a farsi esplodere in mezzo ai soldati israeliani. Con la promessa del paradiso, s’intende.
Ma poi che accade quando l’abile intelligence israeliana riesce ad eliminare in modo selettivo, aspettando mesi per non coinvolgere nessun passante, ben due capi di Hamas? Che il vecchio riflesso condizionato dell’Europa filo-palestinese riprende il sopravvento, e i cialtroni di Bruxelles, Strasburgo e Dublino gridino allo scandalo. Perfino sul sito web del Corriere della sera si è parlato di "omicidio". Insomma, far fuori il capo di un’organizzazione terroristica tra le più sanguinose, che ha ucciso centinaia e centinaia di persone, è un atto "grave e arbitrario" per l’Europa, da Don Prodi fino al ministro irlandese Cowen, che ha parlato di "violazione del diritto internazionale". Ordinamento giuridico neanche scalfito, a parere del sapientone, dal terrorismo di Hamas. Di questo passo, se il sergente maggiore Ruotolo, di Napoli, in missione in Afghanistan, uccidesse – Dio non voglia – il ricercatissimo Bin Laden, e incappasse nella sfortuna di dover riferire ad un capitano dei marines Usa, ma a qualche tenente dei caschi blu dell’Onu, altro che taglia, passerebbe i guai suoi, e solleverebbe le sdegnate proteste del parlamento e del governo (si fa per dire) dell’Unione Europea.
Noi liberali troviamo questo garantismo peloso, usato per favorire le persone sbagliate, altamente diseducativo e immorale. Stiamo abituando i giovani a credere che liberalismo e democrazia siano solo un ragionieristico rispetto di regolette immutabili, che non fanno alcuna distinzione tra persone oneste e criminali. Davvero un bell’esempio per le future generazioni. Un ottuso formalismo giuridico e burocratico, privo di veri valori (libertà, giustizia), che se non si svegliamo in tempo, sarà la tomba dell’Europa. (L’attendente del Generale Lafayette)
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L’ELOGIO DELLA CATTIVERIA PUBBLICA, ESERCIZIO "MORALE"
Buonisti, guai a voi, sono più giusti i "cattivi"
Chi salvereste voi, Gesù o Barabba? D’accordo, il paragone è inopportuno, mentre in tutto il mondo trasudano sangue, peggio della Sindone, gli schermi su cui si proietta la pellicola The Passion. Allora osservate questa scena in strada. Un uomo grosso, paonazzo in volto, col dito puntato e fuor di sé dall’ira sta urlando qualcosa ad un piccolo bambino stretto nelle sue spallucce e con il faccino raggrinzito dalla paura. Che fate, non intervenite a chiamare la polizia? Quell’energumeno va fermato in tempo: è un violento, un cattivo. Il bambino è una vittima innocente. Così crede il cittadino politically correct.
"Cattivo", "innocente"? Se vi avvicinaste alla strana coppia scoprireste magari che i ruoli sono invertiti, e che il buon padre in realtà aveva perso la pazienza per l’ennesima marachella del figlio discolo e con la sfuriata stava solo cercando di insegnargli alla Pavlov (cioè in modo che memorizzasse) un minimo di comportamento morale. Càpita spesso nella vita d’ogni giorno: l’apparente "cattivo" è, alle volte, un buono indignato, che non ne può più, terribilmente offeso dall’ingiustizia. Il "buono", spesso, un opportunista ipocrita, un "pesce in barile", un vigliacchetto sordido, insomma un cattivo nascosto.
Fa venire in mente situazioni del genere il gustoso pamphlet "Apologia della cattiveria", di Teodoro Klitsche de la Grange (Liberlibri editore) che in poche pagine con riferimenti che vanno da Max Weber a Tacito, da Hegel all’Ariosto, da Croce a Machiavelli, ci rammenta la sempre utile massima di Pascal, che cioè "la giustizia senza la forza è impotente", anche se la forza a chi la guarda distratto – come i passanti di fronte all’omaccione infuriato – dovesse sembrare una intollerabile "cattiveria". La cattiveria - pubblica s’intende - è spesso più "morale" e produttiva di bene della ipocritamente ostentata bontà.
E poi i Saddam Hussein, i Milosevic e su, su, fino ai folli demoniaci Hitler e Stalin, non stanno a testimoniare che se gli onesti, i democratici, i liberali, avessero usato nei loro confronti un po’ più di "cattiveria", un po’ più di maniere forti fin dall’inizio, avrebbero provocato meno guasti al genere umano? E allora che pensare del buonismo dominante - sì, anche tra i liberali - che avvantaggia i criminali, piccoli o grandi, e punisce gli onesti?
A cominciare tutto furono i cristiani, col curioso e illogico istituto del "perdono". Un peccato d’orgoglio. Come se ognuno di essi si sentisse equiparato a Dio o ai parenti delle vittime. E non è un’ingiustizia verso chi ha fatto tanto per non commettere nulla? Anche su questo gli ebrei avevano ragione. Ecco, insomma, che al contrario di quello che pensa il distratto uomo della strada, la pia signora del piano di sopra, il mite sacerdote, e soprattutto i bambini (molta gente resta bambina per tutta la vita), la forza e la combattività, unite alla giustizia, producono il bene; mentre la leggerezza e il buonismo, così "eleganti", in realtà sono una comoda e vile acquiescenza alle prepotenze, un aiuto al male. (Jean François Marie Arouet)
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ENTI INUTILI. SPRECHI E SOTTOBOSCO POLITICO
Province: nessuno le vuole, tutti le pigliano
Ho conosciuto anni fa una bella ragazza, sicura di sé e dai capelli neri, che mi ha conquistato con questa singolare affermazione: lei valeva più del sindaco di Firenze, perché abitava è vero nel piccolo comune di Bagno a Ripoli, però era funzionaria della provincia di Firenze. L’ho persa di vista, ma non credo che in seguito abbia fatto carriera, con sillogismi del genere.
E’ da decenni, già fin dai tempi di Einaudi, che i liberali chiedono l’abolizione delle province, enti amministrativi del tutto inutili e dispendiosi, che non hanno mai avuto in Italia un significato storico o geografico, e che oggi con l’attribuzione di moltissimi poteri alle Regioni non hanno più alcun motivo di esistere, se non quello di conservare - a nostre spese - impiegati, funzionari e politicanti, appunto, di provincia. E immaginate che "politici" saranno, se perfino quelli nazionali, regionali e comunali, che almeno le attribuzioni serie le hanno, sono in Italia di qualità scarsa.
Tra i molti cittadini che hanno scritto ai giornali sollevando il problema, che oggi è anche di risparmio economico, si segnala Marcello Giostra (Corriere), che in sostanza fa notare come le province per sopravvivere ormai mendichino deleghe e si inventino funzioni d’ogni tipo (perfino la "polizia provinciale") con un enorme spreco di denaro e un intralcio nei rapporti fra comuni e regioni. Oltretutto, le antiche perimetrazioni provinciali non coincidono più con le realtà sul territorio, e i comuni tendono a collegarsi, giustamente, sulla base di interessi reali di carattere economico, sociale, di pianificazione, come le "aree sub-metropolitane", i "consorzi di comuni" ecc. A queste realtà le province tendono a sovrapporsi "d'ufficio" complicando ogni cosa. Non solo, ma sempre nuove città italiane si candidano alla promozione a provincia. E i politici nazionali riuniti in Parlamento spesso dicono di sì, perché intravvedono altri posti da spartire tra gli "amici" e accoliti, altri "professionisti" (si fa per dire) della sotto-politica a loro tanto cara. Forse solo i radicali potrebbero battersi, se condividono, fino a promuovere un referendum abrogativo.
Signor Giostra, siamo d’accordo con lei in tutto (come vede abbiamo anche aggiunto nostre considerazione alle sue, per buon peso). Ma, per carità, non suggerisca altri referendum agli amici radicali, che uno ne fanno e cento ne pensano. Ma lo sa quanti miliardi delle vecchie lire costa un solo referendum? Vaglielo a spiegare, poi, alla gente che lo si fa "per economia". E poi è sicuro di avere psicologia? Quanta gente, oltre a noi fissati di cultura politica, capirebbe il problema? Siamo in Italia, non negli Stati Uniti, dove anche la casalinga parla di deficit di bilancio e si occupa della contea, cercando come una buona massaia a casa propria di eliminare gli sprechi.
Purtroppo per me e per lei i partiti e le democrazie di massa, specie nei paesi mediterranei, tendono a non tagliare i rami "elettorali" su cui poggia il loro consenso. In quelli anglosassoni, invece, è lo stesso pubblico, attento ai bilanci e all'economia, che spinge a semplificare la macchina statale. Anche a costo di migliaia di posti di lavoro in meno. Lei ce li vede i suoi "co-provinciali" sopportare centinaia o migliaia di posti di "lavoro" (notate le virgolette?) in meno nell’indotto politico-tecnico-burocratico che fa capo alle province? Consideri che ogni cittadino italiano, o per malinteso spirito campanilista o perché ha amici o parenti legati che lo convincono, si accorgerebbe all’improvviso di far parte anche della casa provincia. No, guardi, le inutili province dovremo farle togliere dai parlamentari, è più pratico ed economico. Ma non per questo gli italiani diventeranno meno provinciali. (Il colf filippino della Pivetti)
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ELEZIONI DELLE VENDETTE. A DESTRA E A SINISTRA
L’aritmetica "creativa" degli antipatizzanti
Visto come sta avviandosi la campagna elettorale nella Casa delle Libertà e nell’Ulivo (e oltre), un demografo non propriamente sobrio potrebbe prevedere che sarà dominata dalla "aritmetica della fantasia". Almeno per lo scacchiere italiano, molti nodi ideologici e caratteriali verranno al pettine, in entrambi gli schieramenti. Non è azzardato ritenere che il gioco sarà condotto non dai simpatizzanti, ma dagli "antipatizzanti". Divisi in due partiti contrapposti ma conniventi. Insieme, gli odiatori della propria parte faranno grandi voli pindarici. Lasciato da parte il pessimismo della ragione, premeranno il pedale dell’ottimismo sfrenato della volontà. La loro sarà una geniale e fantasiosa "aritmetica della speranza". Ah, se i conti finali potessero non tornare, se il totale delle percentuali potesse essere inferiore o superiore a 100. Sarebbe tutto risolto.
E già, perché i tanti che vogliono punire Forza Italia delle sue posizioni non sempre o poco liberali si apprestano a farlo, ma con un occhio strabico alla sinistra, nel timore che l’Ulivo, altrettanto se non più illiberale, possa avvantaggiarsi della propria protesta. E fantasticano: come sarebbe bello penalizzare FI un poco, solo un pochettino, va bene il 10 per cento?. Ma, attenzione, miracolosamente senza attribuire questa quota all’Ulivo. Ecco, se apparisse per miracolo un’altra formazione, però liberale, nella Casa delle libertà… E via fantasticando.
E, dall’altra parte, i molti che si apprestano a punire i Ds perché moderati, non abbastanza visceralmente anti-Berlusconi, stanno per farlo, ma con un occhio strabico sulla destra. Non vorrebbero favorirla. E fanno castelli in aria. Come sarebbe bello che quel cretino di Fassino si ritrovasse qualche voto, solo qualche voto, in meno. Va bene il 10 per cento? Però senza dare questi voti alla destra. L’ideale sarebbe che sorgesse per incanto una nuovo partito elettorale di girotondini pacifondai, per esempio retto da Agnoletto. E via sognando. (Mannheimer, demographe ethiliste)
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NASCE UN NUOVO CLUB IN AREA RADICALE
Urbanisti radicali. "Liberali, sì ma non liberisti"
Nel cielo radicale (o, come si dice oggi, "liberale e radicale") spunta un nuovo piccolo pianeta. Un’altra associazione che si occupa di urbanistica, territorio e ambiente. Sì, però con una impostazione culturale e politica nuova, critica con gli errori della sinistra, come con le ottusità della destra. Verrà costituita domenica 25, in via di Torre Argentina 18, a Roma. Faranno parte del club noti urbanisti e ambientalisti laici, da Aldo Loris Rossi a Carlo Ripa di Meana. Abbiamo avuto modo di seguire, per impulso dell’amico Tentellini, solo una parte del dibattito preliminare, e ci ha incuriosito che il club nasca liberale sì, ma "non liberista", come hanno poi confermato anche due importanti animatori, i bravi Rutigliano e De Pascalis.
Gli amici temono l’attuale "ventata ultra-liberista", che a loro dire pervade anche il governo italiano. Se applicata alla natura, al territorio urbano e in generale all’ambiente – dicono, a ragione - finirebbe per distruggerli, permettendo le speculazioni più dannose sulle aree cittadine e sub-urbane, e perfino le iniziative economiche più balzane dove prima erano boschi e montagne incontaminate, oppure la costruzione di strade inutili e villaggi turistici dove prima erano parchi o aree protette. Se questo davvero avvenisse, sarebbe una tragedia, e noi super-ecologisti, anche se liberali, faremmo la più dura delle contestazioni.
Ma voglio subito rassicurare gli amici con una, diciamo così, "interpretazione autentica", essendo forse l’unico italiano insieme ecologista-ultrà (fondatore del primo club "ecologista" in Italia, la Lega Naturista, nel 1975, proprio presso il PR) e super-liberale. Nell’intervento di saluto a nome dei liberali italiani, il 28 febbraio scorso, spiegai ad un uditorio un po’ meravigliato come il liberalismo economico ("liberismo" in Italia) non entrasse minimamente nel problema natura e ambiente, una materia trattata con leggi di Stato e Regioni, delibere di Comuni e regolamenti amministrativi. E, semmai, aggiungevo, ad un uditorio sempre più attonito, se esiste una ideologia fondata sul diritto e sui limiti dei diritti individuali (non quelli assoluti), questa per paradosso è proprio il liberalismo. Come mai? Proprio perché solo nel liberalismo - liberismo compreso - tutti hanno tutti i diritti possibili. Quindi confliggono inevitabilmente tra loro. Per evitare quotidiani spargimenti di sangue, leggi e convenzioni fanno sì che tutti limitino un poco i loro diritti, compensando così tra le varie esigenze.
La teoria, quindi, esclude – almeno per il liberismo - ogni "scusa" culturale o ideologica per i soliti furbi tra i politici rampanti, i sindaci, i professionisti e le tante imprese che oggi fanno legittimamente lobbing, accampando però il falso pretesto della "mentalità nuova", o del "liberismo", o della "privatizzazione", o del "basta limiti, costruiamo finalmente". La pratica, però, suona un’altra musica. Io stesso ho letto giustificazioni del genere per progetti di neo-quartieri con orribili casermoni a schiera in valli bellissime, o impianti di risalita su montagne boscose dove non nevica mai. Ma è solo colpa della furbizia umana, che va duramente contrastata e repressa, non del liberalismo economico. Del resto, proprio in regime di libertà bisogna vigilare di più che il prossimo non debordi dalla limitazione dei diritti concordata, prendendosi tutto e negando gli opposti diritti degli altri. E la bellezza, l’armonia del paesaggio, la wilderness o conservazione della natura incontaminata o selvaggia, il verde in genere (anche artificiale), i parchi, e la tutela di quartieri o palazzi artistici o storici, sono oggi diritti fondamentali per un liberale, liberista o no. (Reginald, pronipote del fattore di Adam Smith)
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IL BURBERO MALAGODI A CENTO ANNI DALLA NASCITA
Quel mastino che dalla tv rianimò i borghesi
Non fece nulla per essere simpatico alla gente. E stava sulle scatole perfino ai liberali, di destra e di sinistra. Forse era simpatico solo a Piccio Crepas, mitico impiegato del PLI a via Frattina, il più liberale di tutti. Quando appariva in televisione, negli infuocati dibattiti di "Tribuna politica", stritolava gli avversari e bucava lo schermo. Non era un oratore retorico come un avvocato, e non concedeva nulla all’emotività e ai gusti facili del pubblico. In modo metodico avanzava come un carrarmato, a forza di cifre e dati inconfutabili. E da freddo mastino della polemica politica, finiva sempre per avere la meglio. In mezzo a tanti molli senza idee, era un duro con idee. Segno che il moderatismo politico è cosa ben diversa dal non avere personalità o carattere, come càpita a molti liberali. Insomma, era l’uomo che ci voleva. Però avrebbe sorriso, lui che non lo faceva spesso, se gli aveste detto che era "l’uomo della Provvidenza": era ateo.
Figlio del grande liberale Olindo, influente scrittore e giornalista allievo di Giolitti, Giovanni Malagodi nacque a Londra nel 1904. Negli anni ’30 è collega e discepolo di Ugo La Malfa alla Banca Commerciale di Raffaele Mattioli, il "banchiere umanista" e bibliofilo. Ribaltò il Partito Liberale Italiano dal provinciale e politicamente ambiguo idealismo filosofico della tradizione meridionale al moderno liberismo d’attacco (oggi diremmo "neo-conservative") di marca nord-europea, in questo aiutato dai suoi molteplici contatti internazionali, dalla sua perfetta lingua inglese - che allora nessun politico parlava - e dallo spirito bruscamente anglosassone.
Dal glorioso crocianesimo filosofico, che però in politica poteva legittimare qualunque posizione, e dal Risorgimento come retorica e mito, Malagodi traghettò i liberali e una parte dell’intellettualità laica verso il più concreto Einaudi e la fredda e "odiata economia". Seppe ridare dignità e vigore ad una borghesia italiana depressa e impaurita dalla nazionalizzazione dell’energia elettrica, che poi il suo stesso ispiratore, il socialista di sinistra Riccardo Lombardi, avrebbe giudicato un errore. E vinse. Nel 1963 il PLI ebbe oltre il 7 per cento dei voti e ben 40 deputati. In cambio dovette pagare lo scotto di essere bollato come uomo "di destra" o "conservatore", perfino da qualcuno in via Frattina. Erano infatti arrivati i tempi della "sinistra", vera o finta che fosse. Del resto la storica sinistra liberale, azionista, liberal-socialista o radicale, aveva già lasciato il PLI, con Villabruna, Pannunzio, Scalfari e Pannella.
Oggi, in tempi di trionfo del liberalismo, di riscoperta dei grandi economisti liberali, di liberalizzazione dei mercati e di politiche legate ai bilanci, la personalità di Malagodi appare più grande che negli anni del tanto avversato e provinciale Centro-sinistra, che avviò la triste parabola di un'Italia con deficit pubblici sempre crescenti. E la sua idea forte che non può esistere liberalismo politico senza libertà economiche, idea poco romantica che lasciava perplessi noi ottocenteschi giovani liberali della GL, si è rivelata vera, anche storicamente. Basta ricordare come è caduto il comunismo in Polonia, Germania orientale e Russia. Insomma, dobbiamo riconoscerlo, era moderno e ha precorso i tempi. Ancor più dell’amico-avversario La Malfa, Malagodi "aveva ragione". (Il vignaiolo di Gaiole in Chianti)
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IL 29, ALL’HOTEL MASSIMO D’AZEGLIO, IN VIA CAVOUR
Grande convention dei liberali a Roma
Tutti "liberali", ma senza un partito liberale. E’ il paradosso più incomprensibile della politica italiana, che condanna spesso proprio quelli a cui la Storia ha dato ragione a non poter votare. La disgregazione del quadro politico, con le maggioranze di destra e di sinistra che si stanno sfaldando dividendosi sulle questioni più importanti, impone ai tanti liberali italiani, dentro e fuori del Partito Liberale, di incontrarsi e di contarsi per contare di più in futuro. Magari, come il Salon Voltaire auspica, in vista di una grande formazione liberale nazionale che unisca tutti i liberali di ogni tendenza, passando sopra finalmente a tutte le "antipatie incrociate" e alle invidie provinciali che bloccano il processo di riunificazione.
Del resto, tutta l’area liberale è in fermento, ma per motivi di scadenze elettorali. Segni ha rispolverato il suo "Patto" definendolo anche nel logo grafico "liberaldemocratico". Perfino Sgarbi, con il suo imaginifico "Partito della bellezza" (gli avevamo consigliato di chiamarlo, più efficacemente, "Bell’Italia", ma non ha voluto ascoltarci), insieme con l’insospettabile La Malfa, stanno presentando una lista sostanzialmente liberale. I radicali, dopo le geniali intuizioni di Della Vedova, che ha coniugato liberismo e radicalismo, spinti dai sostenitori della Bonino, e dall’intelligente segretario Capezzone, sono sempre più una forza liberale a tutti gli effetti. In una prospettiva più vasta, le elezioni politiche del 2006, abbiamo già riferito sui primi tentativi che preludono ad una assemblea di rifondazione liberale ("Stati generali") che il liberale di Bergamo, Vivona, sta tentando di organizzare dal basso, purtroppo senza esponenti famosi, ma partendo dai gruppi locali di Liberalitalia.
Giovedi 29, dalle ore 10 in poi, presso l’Hotel Massimo D’Azeglio, in via Cavour, il Partito Liberale invita tutti, ma proprio tutti, i liberali italiani - compresi quei matti dei fraterni amici radicali - a partecipare ad una grande assemblea senza steccati che dovrebbe fare il punto sullo stato del liberalismo politico in Italia, sulle nuove aggregazioni liberali, sul radicamento nel territorio, sulle prospettive di rilancio e di unificazione, e anche sulla preparazione (questa è una scadenza tutta interna) del Congresso nazionale del Partito Liberale in ottobre, a Roma. Nel pomeriggio, si continuerà con la già annunciata (Salon Voltaire n.5) tavola rotonda "Chi pagherà gli errori delle banche?", a cui parteciperanno numerosi politici, giuristi ed economisti. (La badante russa di Cossiga)
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UN DIVERSO PARERE SUL FILM "PASSION" DI GIBSON
"Non l’ho visto, ma mi piace. E vi spiego perché"
"Non l’ho visto e non mi piace" avevamo scritto a proposito del film su Gesù di Nazareth, rubando la battuta autoironica al critico Goffredo Fofi. Ora l’amico liberale-cattolico Pino Poddighe rovescia la frittata e manda una lettera che, in sintesi, dice così: Non l’ho visto, ma mi piace. Il film è stato accusato di essere antisemita? Ma la crudeltà della flagellazione e crocefissione è tutta romana e nel film viene gestita da soldati romani. Nel Sinedrio ebraico, infatti, non tutti sono per la condanna di Gesù, e vi è chi dissente. E’ antiecumenico e integralista? Ma proprio per capire la forza delle idee e del credo altrui bisogna avere una fede e credere con forza alla propria. E’ violento? Ma la passione di Cristo, il momento centrale del cristianesimo, deve davvero grondare sangue e crudeltà. Infatti, proprio soffrendo come un uomo per riscattare i peccati dell’uomo, Cristo si dimostra Dio. Gibson, quindi, è solo un appassionato credente cristiano, né più né meno. E poi c’è anche un aspetto "politico", conclude la lettera. Il film va contro la religione modernista politically correct, contro ogni commercialità del "prodotto", utilizzando lingue morte come l’aramaico e il latino, musiche antiche, il canto gregoriano, Bach, Requiem di Mozart, al posto delle musichette pop e delle chitarre post-conciliari in uso nel cattolicesimo populista di oggi.
Caro Pino, da quando porti lo zuccotto rosso in testa? Mi sembra di sentir parlare il vescovo tradizionalista Lefebvre. Anche se per noi liberali quasi non c'è differenza tra "destra" e "sinistra" cattolica, che ci sembrano alternativamente una peggio dell'altra, mi spiegherai poi a voce come fai a essere insieme liberale e cattolico tradizionalista. Per cavarmi d'impaccio tra pre e post-conciliari, farò come il romano Pilato, unico liberale dell’intera vicenda: "Che ve devo di’, azzannateve un po’ tra de voi". (Paoletto, il chierichetto di Rosmini)

Comments:
good start
 
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